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Qualcosa di incredibile, di straordinariamente pogacariano abbiamo visto a Zurigo. A 100 km dall’arrivo Tadej Pogacar ha deciso di vincere il Mondiale. E l’ha vinto, ha trionfato arrivando da solo sul traguardo. Ora Pogi è davvero nella storia: dopo Merckx (1974) e Roche (1987) è il terzo di sempre a vincere nella stessa stagione Giro, Tour e maglia iridata. Pogacar ha pedalato per 51 km in totale solitudine dopo aver staccato anche l’ultimo che era riuscito a tenergli la ruota, Pavel Sivakov. Ora si cercherà negli almanacchi per trovare un’impresa del genere. Bisognerà probabilmente tornare al Mondiale di Imola 1968, quello vinto da Vittorio Adorni con un’altra azione da lontanissimo. Quei tempi, questi tempi: il ciclismo di Pogacar è questo. Argento per l’australiano Ben O’Connor a 34”, bronzo al campione uscente Mathieu Van der Poel a 58”. Quinto Remco Evenepoel. Il migliore degli italiani è Giulio Ciccone, 25°: è stato, risultati alla mano, il peggior Mondiale della storia per l’Italia.
L’azione decisiva a 100 km dall’arrivo
Mancavano 100 km all’arrivo quando Pogacar ha provato la follia di un attacco in solitaria. Alla sua ruota il più lesto è stato l’azzurro Bagioli, macinato però velocemente dal ritmo dello sloveno. Per Pogi si è aperto un piccolo dilemma tattico: davanti a lui, a un minuto e mezzo, c’era un gruppo piuttosto folto (una quindicina di corridori in tutto, tra i quali anche Mattia Cattaneo). Pogacar ha tirato dritto e ha trovato sulla strada il fondamentale aiuto del compagno di nazionale Jan Tratnik, che l’ha aiutato a rientrare sulla testa della corsa con tirate fenomenali. A quel punto, quando mancavano 4 giri all’arrivo, Pogacar ha potuto contare solo sulle sue gambe. Un primo scatto per selezionare il gruppetto ha fatto sì che con lui restasse solo il francese Pavel Sivakov, compagno di club alla UAE. La coppia ha proceduto di comune accordo fino ai -51. Un’altra accelerazione e Pogi è rimasto tutto solo, col Belgio al disperato inseguimento per un Evenepoel nervoso e inconcludente. Niente da fare, era la giornata giusta per la leggenda. Pogacar è arrivato a sfiorare il minuto e mezzo di vantaggio sui vari gruppi e gruppetti che si formavano alle sue spalle. Un piccolo brivido solo nell’ultimo giro, quando un’azione dello svizzero Hirschi ha stimolato una reazione di Van der Poel: il vantaggio è sceso, ma mai sotto i 45”. L’impresa era compiuta, a quel punto. Pogacar si è infilato nel traguardo del mito, urlando di felicità. È il suo primo Mondiale e il primo abbraccio è andato subito alla fidanzata Urska Zigart. Ben O’Connor ha regalato all’Australia un ottimo argento con un attacco nel finale, Mathieu Van der Poel completa un podio da leggenda. A Glasgow, con Van Aert nel mezzo, i due erano ai due estremi opposti del podio. Nel 2025 Tadej vestirà la maglia iridata. È il suo successo numero 23 in stagione, l’86° in carriera. Nel 2024 ha vinto Strade Bianche, Liegi, Volta a Catalunya, Giro, Tour (sei tappe in ognuno dei due grandi giri), Gp Montreal. Un’impresa così, però, nemmeno lui. Alla Strade Bianche aveva attaccato ai -85. A Zurigo è stato semplicemente leggendario. Primo Mondiale in carriera, primo titolo iridato di sempre per la Slovenia, che ha piazzato solo un altro corridore nell’ordine d’arrivo: Primoz Roglic è arrivato 64°, ma sorridente. E grandi abbracci alla fine anche tra Pogacar e Tratnik, i due artefici di questo vero e proprio capolavoro.
Pogacar: “Non ci credo”
“Non riesco a credere a quello che è appena successo” ha detto Pogacar dopo l’arrivo, “dopo una stagione come questa mi sono messo molta pressione addosso per oggi. Forse ho fatto un attacco stupido, ma per fortuna Jan Tratnik era con me. Non era nei piani attaccare con più di 100 chilometri da percorrere. Non so cosa stessi pensando, ma ho dato tutto quello che avevo. Dopo il Giro d’Italia e il Tour de France ho capito che mi potevo concentrare solo su un obiettivo e ho capito che mi dovevo concentrare sul Mondiale”. La prima corsa in maglia iridata per Pogacar sarà il Giro dell’Emilia, sabato 5 ottobre.
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