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Combi Mais 2024 una luce nel buio #adessonews

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Il protocollo ideato da Mario Vigo anche quest’anno ha consentito rese largamente superiori alla media della zona

«Dopo la siccità e le grandinate, la pioggia continua. Non ci facciamo mancare niente, speriamo almeno che non arrivino le cavallette». Mario Vigo, agricoltore di Mediglia (Mi) riassume, con amara ironia, tre annate che per i maidicoltori lombardi sarebbero da dimenticare. «Due anni fa abbiamo avuto la siccità, lo scorso anno tempeste di vento e grandinate che hanno allettato molto prodotto. Quest’anno, 1.300 millimetri di pioggia in cinque mesi, che hanno portato a un calo delle rese, per la Lombardia, che va dal 30 al 50%. Una situazione che possiamo tranquillamente definire drammatica, soprattutto perché arriva dopo altre due annate molto difficili».

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Resa minima di 148 q/ha

Mario Vigo, tuttavia, non è tanto (o soltanto) un agricoltore, quanto l’ideatore di Combi Mais, il progetto, lanciato ormai 11 anni fa, per dare alla maidicoltura italiana una produttività mai vista e, con essa, una redditività accettabile anche a fronte di prezzi sempre troppo bassi.

I numeri dimostrano che anche nel 2024 il protocollo ha fatto il miracolo, distaccandosi nettamente dalle rese medie del territorio. «La resa minima dell’area coltivata secondo il protocollo Combi Mais è stata di 148 quintali per ettaro, contro i 115 della Lombardia. E parliamo già di produzioni più che decenti, per il 2024». Così Leonardo Bertolani, agronomo che segue sia l’azienda Folli (di proprietà dei Vigo, ndr) sia il sistema Combi Mais, ha riassunto i dati di una stagione che, anche se a fatica, si salva. «A fare la differenza – prosegue – è stata la cura nella coltivazione dei nostri ibridi, unita a una nutrizione attenta e calibrata, sostenuta anche dall’uso di biostimolanti, che hanno fatto la differenza nel migliorare la resilienza della pianta».

Di resilienza ha parlato lo stesso Vigo, che per inciso è anche presidente di Innovagri. «Combi Mais ha dimostrato di essere resiliente sia verso annate siccitose sia in stagioni, come l’attuale, in cui piogge e temperature inferiori alle medie impediscono di seminare fino a maggio inoltrato. È un sistema nato per produrre 20 tonnellate per ettaro, ma nelle stagioni difficili dimostra di essere anche una risposta ai vari stress. Da notare – ha concluso l’agricoltore – che anche quest’anno il livello di aflatossine è pari a zero. Un valore che pochi mais coltivati tradizionalmente possono vantare».

Una coltivazione sostenibile

«Se tutto il mais che si produce in Lombardia fosse coltivato con il disciplinare Combi Mais, produrremmo 2 milioni di tonnellate invece che un milione e 400mila, riducendo del 18% il fabbisogno di importazione», ha chiosato Amedeo Reyneri, docente di Agronomia all’Università di Torino. «In alternativa – ha proseguito – potremmo ridurre le superfici a mais di circa 40mila ettari, pur producendo lo stesso quantitativo. Anche se questa – ha concluso – è un’opzione che mi piace poco». La superficie a mais è del resto già in calo: come ha ricordato Mario Vigo, è scesa dai 996mila ettari del 2010 agli attuali 600mila, che ci costringono a importare il 60% del fabbisogno nazionale.

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I principi del Combi Mais, ha proseguito il docente, sono perfettamente in linea con i dettami dell’Unione Europea in materia di sostenibilità e con il Rapporto sulla Competitività presentato a settembre da Mario Draghi. «In esso si segnala la necessità di colmare il divario di innovazione, attuare una decarbonizzazione competitiva e ridurre la dipendenza dei paesi Ue dai mercati extracomunitari. Combi Mais risulta benefico su tutti e tre i fronti, rappresentando una chiara innovazione colturale, riducendo l’impronta carbonica della maidicoltura e contribuendo all’indipendenza alimentare dell’Unione».

Stagione fuori dagli schemi

«Dal mese di marzo, epoca convenzionale per la semina del mais, al momento della raccolta, sono caduti 1.090 mm di pioggia. È un caso più unico che raro che le sub-irrigazioni siano iniziate il 5 luglio e l’irrigazione per sommersione soltanto dal 15 luglio in poi», ha ricordato Bertolani.

Le piogge continue di primavera, ha aggiunto, hanno spostato le semine di almeno un mese. «Fatta salva una finestra a metà aprile, abbiamo avuto condizioni adatte alla semina soltanto dal 20 maggio in poi e in qualche caso si è seminato a luglio. Questo ci ha obbligati a modificare le classi Fao degli ibridi, andando a scegliere varietà a ciclo corto per recuperare almeno parzialmente i ritardi».

Scelte che, unite ai sistemi di irrigazione controllata e alla nutrizione appositamente studiata di Combi Mais hanno permesso di ottenere comunque una buona produzione. «Anche i mais da trinciato, che alla raccolta si presentavano non più alti di un metro e mezzo, avevano un buon tenore di amido, in quanto il clima avverso ha penalizzato l’altezza della pianta ma non la maturazione della spiga. Abbiamo raccolto un mais con meno legno e più nutrienti, insomma».

I risultati in campo si sono rispecchiati nel calcolo economico della redditività. Spiega ancora Bertolani: «Detratte le spese, Combi Mais ha ottenuto un bilancio positivo per 124 euro/ettaro. Sono pochissimi, ma bisogna anche dire che i mais convenzionali hanno registrato perdite superiori agli 800 euro per ettaro». Va meglio per gli ibridi trasformati e venduti in filiera corta: in questo caso il saldo positivo è di 643 euro/ha, cosa che fa dire a Mario Vigo che «Combi Mais è diventato ormai un brand di alimentazione, non soltanto di coltivazione. Trattenere il mais in azienda e trasformarlo in prodotti finiti aumenta sicuramente la redditività, anche se come attività esula un po’ da quella prettamente agricola»





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