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Immigrazione e calo demografico, Italo Bocchino: con giudizio #adessonews

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Immigrazione e calo demografico. È possibile una ripresa della natalità che sia alternativa alla prima per ovviare al secondo? Gli interrogativi sono centrali nel libro di Italo Bocchino intitolato “L’Italia è di destra: Contro le bugie della sinistra” (256 pagine, editore Solferino, prezzo 17,10 euro per l’edizione stampata, 11,99 euro per la versione Kindle) appena pubblicato e già al centro di polemiche.

Italo Bocchino parte dai dati Istat relativi alle nascite e alle morti in Italia. Nel 2023 in Italia sono nati appena 379.000 bambini, di cui 50.000 da genitori stranieri, con un calo del 3,6% rispetto al 2022 e un crollo del 34,2% rispetto a quindici anni prima, al 2008. Il tasso di fecondità in Italia è 1,2, ormai al minimo storico, e il saldo tra nati e morti è pesantemente negativo: ogni anno muoiono 282.000 abitanti più dei nati.

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Immigrazione e natalità

Italo Bocchino
Immigrazione e calo demografico, stranieri si ma con giudizio, Italo Bocchino distingue fra buona e criminale  – Blitzquotidiano.it (foto Ansa)

Se l’Italia perde circa trecentomila abitanti all’anno tra vent’anni, visti i numeri esponenziali, potrebbe aver perso un terzo della popolazione deduce Bocchino.

I numeri parlano chiaro: se non si inverte la tendenza, tra cinquant’anni gli italiani scompariranno. Le conseguenze potrebbero essere devastanti. Non ne faccio una questione morale né tantomeno etnica.

Per salvare l’Europa da questa tragica tendenza servirebbe, da qui al 2050, un tasso di fecondità di 2,1: bisognerebbe cioè che ogni donna fertile facesse almeno due figli. Impresa ardua, per più di una ragione oggettiva.

Di chi è la colpa?

La colpa, sostiene Bocchino, è soprattutto nel fatto che ci sono stati decenni di incapacità n ok el varare serie politiche che consentissero a qualsiasi donna lo desiderasse di poter essere contemporaneamente madre, lavoratrice e individuo autonomo. La mancanza di risposte a questo mix letale credo sia una delle principali colpe della politica.

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Per combattere il fenomeno, prosegue Italo Bocchino, ci sono teoricamente due sistemi e, secondo me, una terza via transitoria e pragmatica. Da un lato si dice che l’unica soluzione reale è fare figli. Questo è vero, ma se anche fosse realizzabile con uno schiocco di dita, comunque gli effetti arriverebbero tra molto tempo.

Ricordiamo che il problema, che non è solo  italiano ma tocca gli estremi del mondo, dall’America alla Cina, fu già affrontato duemila anni fa da Auguste imperatore. Il suo fallimento contribuì a quei secoli di recessione da cui l’Europa uscì mille anni dopo. Una rapida lettura delle prime pgine del classico di Henry Pirenne, “Maometto e Carlomagno” può aiutare.

Ci provò anche Mussolini con la tassa sul celibato, anche se alla fine lo sforzo fu reso vano dai milioni di morti della guerra.

L’altro sistema, conclude Bocchino, e cioè l’alternativa proposta dalla sinistra, è una toppa peggiore del buco. Dinanzi a quest’allarme esistenziale, la destra propone di fare più figli, mentre la sinistra propone il secondo sistema: importare più immigrati.

Peccato dimentichi che un afflusso eccessivo e incontrollato di immigrati finisce per indurre a tensioni sociali e a problemi di ordine pubblico, oltre a costituire (se male amministrato) un ulteriore aggravio per lo Stato.

Ed è qui che, scrive, credo possa tornare utile l’eventuale terza via, tra fare figli, ottima soluzione per l’Italia del 2050, e importare immigrati.

Dar vita, cioè, a una grande e ben finanziata campagna per la natalità e contemporaneamente regolare i flussi migratori colmando il saldo negativo con «immigrazione buona».

Un tabù deve cadere sulla immigrazione buona

Parlare di «immigrazione buona» non può e non deve essere un tabù; in tutte le cose della vita esiste del «buono» e del «cattivo».

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Non si tratta, avverte Bocchino, di una distinzione razzista, per due motivi. Il primo è che è nella natura umana volere quanto di meglio per sé stessi, per la propria famiglia, per la propria comunità e quindi per la propria nazione. Il secondo è che la distinzione tra «buona» e «cattiva» immigrazione non ha nulla a che fare con la provenienza degli immigrati, ma si concentra – come quando distinguiamo tra «buoni» e «cattivi» cittadini italiani – sulla ricaduta sociale della loro funzione.

Una definizione

Cos’è l’immigrazione «buona»? È l’immigrazione regolare di persone che rispettano i principi della prima parte della Costituzione italiana, che desiderano integrarsi e fare dei propri figli cittadini italiani a pieno titolo.

L’immigrazione «cattiva» è invece l’immigrazione irregolare, gestita dalla criminalità organizzata, decisa da trafficanti di uomini che speculano sulla sofferenza togliendo a intere famiglie i risparmi di una vita promettendo un sogno che tale non è; è quella che rifiuta l’integrazione, che costringe le figlie-bambine a matrimoni combinati con adulti, che nega i diritti alle donne e alla comunità Lgbtq+ (come testimoniano numerosi casi di cronaca), che esercita illegalmente la pratica dell’infibulazione, che inevitabilmente finisce per tornare nelle reti della criminalità, da cui aveva avuto origine la sua clandestinità.

In passato la sinistra ha reso l’Italia il ventre molle dell’Europa dal punto di vista dell’immigrazione, spinta dal sogno di far diventare elettori tutti gli immigrati, così da compensare la sempiterna carenza di voti. È stata una pia illusione aizzata dal suo collateralismo, fatto da Ong, associazioni di volontariato, strutture per l’accoglienza e la gestione dei migranti.

E sia chiaro, dietro il collateralismo della sinistra ci sono gli affari: gli affari delle Ong con le loro navi nel Mediterraneo, pagate da finanzieri nemici dell’Italia e da apparati stranieri che preferiscono far sbarcare da noi i poveri del mondo; gli affari dei centri di accoglienza, in mano – in buona parte – a cooperative collegate alla sinistra che rubano sul cibo e sui vestiti degli immigrati, come hanno portato alla luce molte inchieste giudiziarie.

Sulla pelle dei migranti la sinistra ha costruito un business politico ed economico, alienandosi però il favore dei cittadini: non razzisti, ma semplicemente stanchi della cattiva gestione del fenomeno.

Quest’approccio ideologico e irreale ha rafforzato la destra, in Italia così come altrove. Lo stesso sta accadendo in Francia, dove l’esplosione elettorale del Rassemblement National di Marine Le Pen fa sentire alto e forte l’urlo di disagio dei francesi, in Germania con la vittoria dell’AfD in tutta l’ex Germania Est, negli Stati Uniti con Trump, e in buona parte dei Paesi europei.

Eppure qualche voce critica aveva avvertito che far entrare tutti non era la soluzione. E, sorpresa, si trattava di voci che arrivavano da sinistra. La più efficace è stata quella di Michel Rocard, primo ministro francese dal 1988 al 1991, scelto da François Mitterand e uomo di punta del socialismo francese, segretario del partito dal 1993 al 1994.

Il 6 giugno 1989 questo totem della sinistra francese, parlando da capo del governo dinanzi al Parlamento, ebbe a dire: «Nel mondo ci sono troppe tragedie, povertà, carestie, così che l’Europa e la Francia non possono accogliere tutti coloro che la miseria spinge verso di noi. Dobbiamo resistere a questa spinta costante».

Era razzista Rocard o è semplicemente pragmatica la destra italiana, con l’elettorato che le chiede di fare qualcosa di concreto sull’immigrazione, anziché inseguire chimere ideologiche? Dire che non si può chiedere a un pezzo di mondo di «farsi carico di tutta la miseria del mondo» non è egoismo, ma soltanto realismo.

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La sinistra-sinistra in Germania contro gli immigrati

Una conferma viene dalla Germania dove il successo elettorale del partito di estrema sinistra BSW di Sahra Wagenknecht con un programma anti immigrati dovrebbe fare riflettere.

Secondo Bocchino, in Italia invece, mentre la sinistra finge di non vedere i problemi connessi all’immigrazione, la destra cerca a fatica una regolamentazione dei flussi, come sta facendo Meloni usando sia il bastone dei centri in Albania sia la carota degli accordi con gli Stati che affacciano sul Mar Mediterraneo, al fine di bloccare l’invasione e aiutarli economicamente a formare personale specializzato ad accogliere con processi di immigrazione regolare.

Partiamo dai numeri: al primo gennaio 2024, in Italia, risultano risiedere 5.308.000 immigrati, circa il 9% della popolazione. Ci rendiamo conto che non ci sono molti problemi per la gestione del fenomeno, perché questi cinque milioni e passa di immigrati regolari rappresentano una ricchezza per la nazione.

Oggi in Italia l’agricoltura, l’industria pesante e il welfare domestico vanno avanti sostanzialmente grazie a loro: quel che arriva sulle nostre tavole è raccolto e in parte coltivato da immigrati, la tecnologia che produciamo e che ci fa essere la seconda industria manifatturiera d’Europa si avvale in gran parte di immigrati e i nostri figli, i nostri genitori anziani e la cura delle nostre case sono affidati prevalentemente a immigrati. Ciò conferma che gli immigrati sono una grande ricchezza, in quanto si inseriscono nel tessuto sociale contribuendo a renderlo più fluido e felice: perciò la destra spinge per favorire l’immigrazione legale e bloccare quella illegale.

Il problema, infatti, non è l’immigrazione di per sé (quella «buona») bensì la connessa illegalità, che la rende «cattiva». I numeri dei reati compiuti dagli immigrati – e che allarmano assai i cittadini fino a creare reazioni eccessive e razziste, che non si possono non condannare – dicono che i reati vengono commessi dai clandestini.

Costoro cominciano il loro tragico tragitto con l’illegalità del pagamento della tratta ai criminali trafficanti di uomini e finiscono senza permesso, senza lavoro e senza dimora a delinquere autonomamente o nelle maglie della criminalità organizzata attiva in Italia. Il problema dunque non sono gli oltre cinque milioni di regolari, che commettono tanti reati quanti ne commettono gli italiani, ma il mezzo milione di clandestini che tirano a campare tra droga, furti, rapine e violenze varie.

Alcuni numeri ci aiutano a capire. Gli stranieri in Italia sono il 9% della popolazione, ma diventano il 33% della popolazione carceraria.

Val la pena di ricordare che l’Italia ha vissuto negli anni ‘60 del secolo scorso, un fenomeno analogo con la grande migrazione interna dal Sud al Nord (definito biblica da Eugenio Scalfari), con gli stessi problemi di razzismo e criminalità).

Per non dire degli USA, Paese tutto cresciuto con milioni di immigrati, nobili e aristocratici inclusi.

C’è una trilogia di romanzi degli anni ‘30 imperniata sulla vicenda di Studs Lonigan, figlio di immigrati irlandesi a Chicago, che è emblematica del rapporto col crimine.

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La propensione al crimine è la miccia che  fa esasperare gli animi. Se la propensione al crimine degli italiani, secondo una ricerca dell’Ispi, è pari a 1, quella degli stranieri regolari è pari a 1,5: il dato in sé non è certo allarmante, e può essere considerato di fatto in linea con quello degli italiani.

La propensione al crimine degli stranieri irregolari è invece pari a 32,7: significa che i clandestini delinquono 33 volte più degli italiani e 22 volte più degli immigrati regolari.

Dinanzi a questo allarme gravissimo, la sinistra pensa che tutto si possa risolvere con un colpo di spugna, rendendo regolari i clandestini, dando a tutti il permesso di soggiorno e trasformandoli magicamente in buoni cittadini. Sarebbe davvero bello se fosse così facile, ma non lo è.

L’unica ricetta pragmatica e seria è creare un muro invalicabile per l’immigrazione illegale, facendo entrare in Italia centinaia di migliaia di nuovi immigrati all’anno, dopo averli formati nel loro Paese. Recentemente il ministro dell’Istruzione Valditara ha chiuso un interessante accordo con la Tunisia, finanziando lo studio dell’italiano in tutti gli istituti tecnici tunisini.

È questo il modello virtuoso della destra, che permetterà ai diplomati tunisini di venire in Italia regolarmente con i decreti-flussi, conoscendo già la lingua e avendo imparato lavori per i quali in Italia c’è molta occupazione.

Se vi ha sorpreso il boom elettorale di FdI, forse non ricordate come erano stati gestiti i decreti-flussi e gli immigrati regolari prima dell’avvento della destra al governo, commenta ancora Bocchino.

Dal 2023 a tutto il 2025 entreranno regolarmente in Italia 452.000 persone: cifre che dimostrano come la destra non sia affatto contro gli stranieri, né razzista né favorevole a cacciare gli immigrati indiscriminatamente. Semplicemente, vuole accogliere quelli che il mondo produttivo e la società possono assorbire senza conflitti sociali.

 

 

 

 

 



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