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La transizione gemella, che combina digitalizzazione e decarbonizzazione, è centrale nella lotta contro il cambiamento climatico. L’UE, con il Digital Compass e il Fit-for-55, mira a una riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 e alla neutralità climatica entro il 2050.

L’Italia ha fatto progressi nelle infrastrutture digitali, ma rimangono sfide legate alle competenze digitali e alla normativa. Il settore energetico, i trasporti e gli edifici possono beneficiare di tecnologie come le smart grid, ma servono regolamentazioni adeguate. Anche i data center devono ridurre il loro impatto energetico.

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La transizione gemella
Dove siamo?
Infrastrutture digitali nei settori chiave: servono strumenti adeguati
La sostenibilità del digitale: il ruolo dei data center
Il coraggio (non solo) normativo dietro la transizione gemella

La transizione gemella

La “Twin Transition” è ormai entrata a far parte del “linguaggio comune”, in un mondo in cui il cambiamento climatico e il peggioramento delle condizioni ambientali rappresentano una minaccia esistenziale, e in cui tutti (cittadini, aziende e istituzioni) sono chiamati ad un cambio di paradigma per promuovere uno sviluppo economico sostenibile.

Di fronte alla sfida epocale – raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 – l’UE ha deciso di avviare, infatti, una «transizione gemella» (che combina la digitalizzazione con la decarbonizzazione), percorso supportato da diversi framework di policy, come il Digital Compass, che guida lo sviluppo tecnologico, e il Fit-for-55, che si concentra sugli obiettivi di riduzione delle emissioni.

Questi due strumenti si integrano per supportare l’Europa verso un futuro più sostenibile, ma anche più efficiente e tecnologicamente avanzato.

Da un lato, il Digital Compass – la “Bussola per il digitale 2030: il modello europeo per il decennio digitale” – si propone di portare l’Europa a un livello tecnologico tale da competere con le principali potenze mondiali, promuovendo innovazioni in ambito di intelligenza artificiale, big data e quantum computing: il modello europeo da seguire per un’economia e una società digitalizzate si basa sulla solidarietà, la prosperità e la sostenibilità, sull’acquisizione di maggiore autonomia e responsabilità da parte dei cittadini e delle imprese e mira nel contempo a garantire la sicurezza e la resilienza del suo ecosistema digitale e delle sue catene di approvvigionamento.

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Dall’altro, il Fit-for-55 fissa l’obiettivo di ridurre le emissioni del 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030.

Un duplice obiettivo che rende chiaro come la tecnologia e la sostenibilità non siano percorsi paralleli, ma strettamente collegati, dove l’una non può esistere senza l’altra.

La digitalizzazione, in ottica di transizione gemella, è considerata un elemento cardine abilitante il raggiungimento dei target di decarbonizzazione prefissati dall’Unione Europea, nominalmente la carbon neutrality al 2050 e l’obiettivo intermedio al 2030 di ridurre del 55% le emissioni di gas serra (GHG) rispetto ai valori 1990.

Dove siamo?

In Italia, secondo l’analisi di uno studio del Politecnico di Milano (“Digitalization & Decarbonization short report 2023”), l’adozione della digitalizzazione è stata abbastanza rapida, soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture: il Paese, infatti, ha superato la media europea in alcuni indicatori chiave (come la copertura della rete 5G e la diffusione di un livello base di intensità digitale tra le PMI), ma non basta.
Non ci si può accontentare.

Restano più che mai aperte alcune sfide legate, in particolare:

  • alla carenza di competenze digitali nella popolazione;
  • alla digitalizzazione dei servizi pubblici, che al momento si trovano al di sotto della media europea;
  • al quadro normativo, inadeguato per sostenere pienamente lo sviluppo delle tecnologie digitali, perché rallenta l’adozione di soluzioni innovative nei settori chiave, come quelli legati all’energia, ai trasporti e alle costruzioni.

Infrastrutture digitali nei settori chiave: servono strumenti adeguati

Il settore energetico è uno dei più importanti per la decarbonizzazione, ma anche uno dei più complessi da digitalizzare: grazie alle soluzioni tecnologiche come le smart grid e il monitoraggio da remoto, l’Italia potrebbe ridurre significativamente le emissioni del comparto energetico.

Tuttavia, gli operatori sottolineano come la “bassa adeguatezza normativa” stia rallentando l’integrazione di queste tecnologie: le smart grid, giusto per fare un esempio, consentirebbero una gestione più efficiente dell’energia e una migliore integrazione delle fonti rinnovabili, ma il loro sviluppo su larga scala è ostacolato dalla burocrazia e da regolamenti antiquati.

Anche nel settore degli edifici ci sono grandi margini di miglioramento: gli edifici rappresentano una delle principali fonti di emissioni di CO2, e l’adozione di tecnologie digitali potrebbe aiutare a ridurle.
Ma intervenire sul parco edilizio esistente è una sfida costosa e complessa, soprattutto perché richiede aggiornamenti strutturali significativi per integrare le tecnologie digitali. E così, nel frattempo, le emissioni del settore sono aumentate di circa il 9% rispetto al 1990, evidenziando la necessità di agire rapidamente per allinearsi agli obiettivi di decarbonizzazione del Fit-for-55.

Lo smart transport, infine – uno dei più promettenti settori in termini di riduzione delle emissioni, grazie alle tecnologie digitali, veicoli elettrici connessi, mobilità condivisa e guida autonoma, che hanno il potenziale per rivoluzionare il settore, rendendolo molto più sostenibile – ha bisogno di una “regolamentazione più adeguata” affinché queste tecnologie possano essere adottate su larga scala.

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La sostenibilità del digitale: il ruolo dei data center

Allo stesso tempo – pare ovvio sottolinearlo, ma non è così – anche il settore digitale è chiamato ad effettuare la green transition e a raggiungere la piena neutralità climatica delle proprie infrastrutture abilitanti (su tutti i data center), promuovendo politiche volte alla soddisfazione dei consumi energetici tramite fonti rinnovabili, all’incremento dell’efficienza energetica e al monitoraggio degli impatti ambientali.

I data center, al centro della trasformazione digitale, sono anche tra le infrastrutture più energivore: per questo, la decarbonizzazione dei data center è diventata una priorità, sostanziale e di immagine.

Attualmente, molte aziende stanno lavorando per ottimizzare i loro sistemi di raffreddamento e ridurre l’impatto delle loro operazioni, utilizzando sempre più spesso fonti di energia rinnovabile. Alcuni dei player più avanzati mirano addirittura a una compensazione delle emissioni su base oraria, cercando di garantire che le loro operazioni siano alimentate da energia rinnovabile 24 ore su 24, 7 giorni su 7​.

Oltre alla questione energetica, i data center potrebbero anche svolgere un ruolo importante nel supporto alla rete elettrica. Ma nel Bel Paese mancano ancora servizi specifici che permettano ai data center di contribuire attivamente alla stabilità della rete, anche se le tecnologie per farlo sono già disponibili.

Il coraggio (non solo) normativo dietro la transizione gemella

La transizione gemella della Comunità Europea rappresenta una delle sfide più importanti e ambiziose del nostro tempo: la digitalizzazione offre un’opportunità unica per accelerare la decarbonizzazione, ma per farlo è necessario superare le barriere normative, investire in infrastrutture adeguate e migliorare la capacità di misurare e rendicontare gli effetti delle nuove tecnologie.

Solo attraverso la collaborazione tra governi, aziende e cittadini sarà possibile raggiungere gli obiettivi climatici e creare un futuro più sostenibile, dove la tecnologia non solo migliora l’efficienza, ma diventa un fattore chiave nella lotta contro il cambiamento climatico.

Tutto questo si può raggiungere, più in fretta e meglio, con uno strumento più evoluto e più antico del digitale, che tuttavia l’uomo non ha ancora imparato ad utilizzare veramente: il coraggio.

Non solo quello normativo, di un legislatore troppo preoccupato di non scontentare le proprie basi elettorali.
Anche quello delle stesse basi elettorali, impaurite dall’eventualità che un cambiamento possa influire sulle “posizioni di rendita” che, semplicemente, non esistono più.

E, naturalmente, quello generale di tutti gli altri stakeholder, che spaventati dai cambiamenti repentini (velocizzati dal digitale), devono anche capire la lezione di Martin Luter King, sintetizzata in una delle sue celeberrime frasi: “Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno”.



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