Il tribunale di Teramo ha condannato l’Inail al pagamento di circa 150mila euro (ratei arretrati, rendita di reversibilità per la vedova e maggiorazioni Fondo vittime) in favore delle eredi dell’ex macchinista delle Ferrovie Dionisio Merli, morto a 64 anni per adenocarcinoma polmonare causato da esposizione all’amianto. A riportare la notizia è l’agenzia Ansa.
L’uomo, deceduto il 20 agosto 2011, ha lavorato per Rfi per 27 anni come macchinista dei Depositi locomotive di Pescara, Ancona, Alessandria e nel Presidio condotta San Benedetto del Tronto. Anni in cui sarebbe stato esposto all’asbesto senza essere dotato di adeguati dispositivi di protezione. La diagnosi di adenocarcinoma polmonare è arrivata a marzo 2010 con a novembre la domanda di riconoscimento della malattia professionale fatta all’Inail che la respinse motivandola con il fatto che fosse un fumatore.
Nel 2020 i familiari, assistiti dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona), hanno presentato ricorso innanzi il giudice del lavoro del tribunale di Teramo.
Secondo quanto riportato dall’agenzia, dall’istruttoria del processo sarebbe emerso che tutte le locomotive FS, nel periodo di lavoro di Merli che si occupava anche di manutenzione e riparazione dei locomotori, avevano l’involucro esterno e parte delle zone interne spruzzate con amianto, per proteggere dal rischio incendio, fatto che tuttavia determinava il rilascio di polveri e fibre contaminando tutta la sala macchine. Esaminate le prove dell’esposizione alla fibra in sinergia con altri cancerogeni e le perizie del consulente tecnico d’ufficio, il tribunale ha accolto la richiesta condannando l’ente previdenziale.
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“Proprio tra i dipendenti delle Ferrovie – spiega una nota dell’Ona – si riscontrano casi maggiori di patologie asbesto correlate, come mesotelioma, tumore al polmone, asbestosi. Sin dalle locomotive a vapore l’amianto è stato presente in guarnizioni e rivestimenti, da metà degli anni ’50 è iniziata la coibentazione con amianto sui nuovi rotabili, allargata poi a tutte le ottomila carrozze circolanti e fu interrotta negli anni ’90, con la messa al bando del pericoloso cancerogeno. La bonifica è stata completata a inizio anni 2000”.
Nella settima edizione del rapporto ReNaM dell’Inail si contano circa 696 casi di mesoteliomi nel settore rotabile, di cui 86 tra i macchinisti, si sottolinea. “Si tratta solo della punta dell’iceberg – prosegue la nota dell’Ona – che moltiplica l’impatto epidemiologico perché, come dimostra il caso dell’ex macchinista, vanno aggiunte, oltre all’asbestosi, il cancro del polmone, della laringe e tutte le altre patologie asbesto correlate”.
“La sentenza è importante perché riconosce il K del polmone anche in lavoratore fumatore che l’Inail, nonostante le numerose condanne, continua a negare sia malattia asbesto correlata, costringendo i familiari dei defunti a intraprendere l’azione giudiziaria. Agiremo anche verso l’Inps per le maggiorazioni contributive e la riliquidazione della pensione di reversibilità”, conclude l’avvocato Bonanni.
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