L’art. 12 D.Lgs. 112/2017 prevede che gli enti che esercitano l’impresa sociale, nel caso in cui intendano attuare operazioni di trasformazione, fusione o scissione, devono porle in essere in modo da preservare l’assenza di scopo di lucro, i vincoli di destinazione del patrimonio e il perseguimento delle attività e delle finalità da parte degli enti risultanti dagli atti posti in essere. In altri termini, la forma giuridica risultante dalle operazioni straordinarie deve conservare la clausola di non lucratività.
In data 22.04.2018 in attuazione dell’art. 12, c. 2 D.Lgs. 112/2017 è stato emanato il Decreto del Ministero del Lavoro, concernente le operazioni straordinarie di gestione delle imprese sociali. In sostanza, il decreto definisce le modalità con cui le imprese sociali pongono in essere le operazioni straordinarie di cui sopra e di devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento volontario dell’ente o di perdita volontaria della qualifica per un qualsiasi motivo, tra cui il venir meno dei requisiti. Due eccezioni importanti a questa disciplina generale (art. 1, cc. 1 e 2):
1. alle società cooperative si applicano le norme speciali previste dal Codice Civile (artt. 2545-novies, c. 2, 2545-decies e 2545-undecies c.c.), per quanto riguarda le trasformazioni. Con nota 8.05.2000, n. 4073 il Ministero del Lavoro ha chiarito che, in caso di fusione per incorporazione tra 2 cooperative sociali, queste “devono ritenersi non assoggettate a regime autorizzatorio e conseguentemente agli obblighi di notifica previsti dall’art. 12 D.Lgs. 112/2017”;
2. agli enti religiosi di cui all’art. 1, c. 3 D.Lgs. 112/2017 le disposizioni si applicano limitatamente alle attività indicate nel Regolamento relativo al “ramo” imprese sociali. Questo è un principio generale che presiede a tutta la disciplina del “ramo” sia ETS che IS (Impresa sociale) e trova conferma anche nell’art. 14, c. 2 D.M. 15.09.2020, n. 103, concernente l’iscrizione al Runts degli enti religiosi.
In sostanza, ai sensi dell’art. 2, c. 2 del decreto citato risultano applicabili al “ramo” i seguenti articoli:
– art. 2: procedura per il rilascio dell’autorizzazione da parte del Ministero del Lavoro alle operazioni straordinarie con l’avvertenza che “per gli enti religiosi civilmente riconosciuti la predetta comunicazione (relativa alla intenzione di procedere a una operazione straordinaria) è disposta dall’organo di amministrazione individuato dal regolamento di cui all’art. 1, c. 3 D.Lgs. 112/2017 o, in mancanza, come individuato e risultante dal registro delle persone giuridiche ai sensi dell’art. 5, c. 2 L. 20.05.1985, n. 222”;
– art. 3: rinvio alla disciplina civilistica per le operazioni di trasformazione, fusione e scissione. Vale la pena riportare il contenuto del c. 1 ai sensi del quale si fa rinvio alla disciplina del Codice Civile “relativamente alle operazioni di cui sopra (artt. da 2498 a 2506-quater), avendo riguardo alla configurazione giuridica dell’ente avente la qualifica di impresa sociale”.
Nel caso nostro si dovrà tenere conto che l’ente ecclesiastico è civilisticamente assimilabile a un ente non lucrativo di cui al Libro Primo del Codice Civile e fiscalmente investe la qualifica di ente non commerciale.
Non si applicano al “ramo” impresa sociale le disposizioni di cui al Decreto, concernente la devoluzione della parte incrementale del patrimonio residuo, in caso di scioglimento volontario dell’ente o di perdita volontaria della qualifica del “ramo” impresa sociale, in quanto non sono applicabili agli enti di cui all’art. 1, c. 3 D.Lgs. 112/2017 le disposizioni previste per la devoluzione del patrimonio dell’impresa sociale, nelle fattispecie previste sopra (vedi art. 12, ultimo comma).
È appena il caso di osservare a questo proposito, l’incongruenza della norma appena citata rispetto al principio generale, secondo il quale negli enti del Terzo settore il patrimonio residuo deve rimanere all’interno del perimetro del Terzo settore. A conferma di ciò è interessante notare che una simile misura non è prevista per gli enti religiosi di cui all’art. 14, c. 3 D.Lgs. 117/2017, i quali costituiscono un “ramo” ETS.
Si deve, pertanto, ritenere, in questo caso, che il patrimonio del “ramo”, in caso di scioglimento, debba essere devoluto come prevede l’art. 9, c. 1 del decreto appena citato, ad altri enti del Terzo settore secondo le regole statutarie, o agli altri soggetti ivi previsti.
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