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Il concordato preventivo biennale ha chiuso i battenti ieri, lasciando dietro di sé un panorama turbolento. Questo strumento, nato con l’obiettivo di attirare i contribuenti verso una regolarizzazione dei redditi non dichiarati, non ha scaldato gli animi come sperato dal governo.

L’adesione sembra infatti essere stata al di sotto delle aspettative, e tra i commercialisti è scoppiato un vero e proprio malcontento, culminato nella richiesta di una proroga. Ma la risposta del governo è stata secca: nessuna estensione dei termini.

Fisco a maglie larghe: controlli minimi sui lavoratori autonomi

Per chi lavora in proprio, i controlli fiscali sembrano un lontano miraggio. Nonostante il leggero aumento delle ispezioni negli ultimi due anni, la Corte dei Conti ha rilevato che queste rimangono una rarità, interessando meno del 5% dei contribuenti autonomi. E le maglie del fisco diventano ancora più larghe per alcune categorie specifiche: i commercianti, ad esempio, sono tra i meno esposti a verifiche fiscali, mentre studi medici, agenti immobiliari, elettricisti e idraulici incappano in controlli solo marginalmente più frequenti.

Il governo, consapevole delle incertezze sull’efficacia del concordato, ha mantenuto aspettative prudenti riguardo agli introiti. “Per quanto riguarda il concordato sa quanto abbiamo messo nelle previsioni di bilancio? Siccome noi siamo prudenti abbiamo messo zero,” ha affermato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti durante una visita ad Assisi, spiegando che qualsiasi somma superiore a zero rappresenterà un guadagno per le casse dello Stato.

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“Impossibile controllare tutti”: il viceministro e i limiti del sistema fiscale

Anche il viceministro Maurizio Leo non si fa illusioni sulla capacità del sistema fiscale di operare su larga scala: manca, dice, una vera “capacità operativa che consente controlli a 360°”. La realtà è che il sistema di verifica fiscale sembra, più che altro, un mirino puntato solo su pochi contribuenti, lasciando la maggior parte al di fuori della linea di fuoco.

Di fronte a questi limiti, il governo aveva messo sul tavolo il concordato preventivo biennale, uno strumento che consente a chi aderisce di regolarizzare la propria posizione fiscale con una formula di pagamento forfettario in cambio di minori controlli. È un’offerta rivolta a chi vuole mettere in regola i redditi non dichiarati tra il 2018 e il 2022, con il vantaggio di evitare gli accertamenti che potrebbero pesare sul futuro.

Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, durante un’audizione al Senato, ha specificato che i dati completi sull’adesione al concordato saranno disponibili tra circa dieci giorni.

Adesioni al concordato: numeri al ribasso e stime prudenziali

Nonostante l’incentivo, le adesioni sembrano poche. L’Associazione Nazionale dei Commercialisti stima una partecipazione tra il 10% e il 15% degli aventi diritto. Confartigianato, che ha sondato diverse imprese, parla di un tasso leggermente più alto, tra il 18% e il 23%. Stime più speculative oscillano tra le 150 mila e le 200 mila adesioni, con alcuni più ottimisti che ipotizzano fino a 500 mila contribuenti coinvolti. Ma su questi numeri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti preferisce mantenere il riserbo.

Chi ci guadagna? I profili ideali per il concordato

Per molti, il concordato biennale è uno strumento conveniente. I professionisti che prevedono di aumentare i loro redditi nei prossimi anni o chi desidera far emergere somme non dichiarate, specialmente le partite Iva, possono trovare nell’accordo una buona opportunità per ripartire in regola. Ma, come sempre, tutto dipende dal rischio che ognuno è disposto ad assumersi.

La protesta dei commercialisti: stop alle attività fino al 7 novembre

La scadenza di ieri ha lasciato dietro di sé uno strascico di tensioni. I commercialisti hanno reagito annunciando uno sciopero fino al 7 novembre. “Senza una proroga dei termini del concordato sono venute meno le condizioni professionali e deontologiche per svolgere al meglio il nostro lavoro”, hanno dichiarato, evidenziando le difficoltà operative che questa scadenza impone alla categoria.

Di fronte alla pressione per una proroga, il governo ha mantenuto una linea rigida. Non ci saranno estensioni per l’adesione al concordato, una decisione ribadita anche dal Consiglio nazionale dei commercialisti.

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