Bocciatura del direttore Tarquini durante l’audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato: «Il taglio delle detrazioni può annullare gli effetti sul cuneo fiscale»
Poche luci e molte ombre. L’audizione del direttore generale di Confindustria Maurizio Tarquini alle commissioni Bilancio di Camera e Senato non risparmia critiche al governo sulla prossima legge di Bilancio, mentre la soddisfazione si limita a qualche punto della manovra dove comunque rimangono delle preoccupazioni di fondo. Per Tarquini la manovra così pensata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti «non offre risposte adeguate ai problemi e ai rischi segnalati soprattutto perché non appare in grado di invertire quella tendenza a livelli di crescita da zero virgola». La paura degli industriali consiste nel «perdere base produttiva». E al governo si rivolge l’accusa di essere poco coraggioso.
Tarquini: «Siamo a un bivio»
«Il Paese è di fronte a un bivio. L’economia italiana è in sostanziale stallo», spiega il direttore generale Tarquini. Nella manovra Confindustria ritiene che siano «sostanzialmente assenti il sostegno agli investimenti e alle imprese». L’auspicio «era, e rimane, di una manovra incisiva, con una visione di politica industriale e un impulso deciso sugli investimenti, per non disperdere, ma anzi consolidare, quello slancio che l’economia italiana ha saputo mostrare in anni recenti», continua Tarquini. Ma la delusione traspare dalle sue parole soprattutto se si tiene conto delle ansie per la convergenza economica in corso: «Preoccupa soprattutto l’andamento della produzione industriale, che è caduta di un -7,4% negli ultimi 24 mesi. Per l’Italia, ma anche per il resto dell’Ue, preoccupa soprattutto la crisi tedesca».
La mancanza di sostegni e investimenti per le imprese
Sono due i fattori, spiega Tarquini, che confermerebbero l’assenza di sostegni e investimenti per le imprese: «L’abrogazione dell’Ace avvenuta lo scorso anno, cioè del principale strumento di sostegno alla patrimonializzazione delle imprese e il lento avvio del Piano 5.0, anche per via di stringenti regolamentazioni europee, pur destinato a specifiche forme di investimento». Le uniche note positive in questo quadro, per il dg, sono gli interventi di proroga e rifinanziamento «del credito d’imposta per gli investimenti nella Zes Unica, cui si affiancano il rinnovo del credito d’imposta per la quotazione delle Pmi e il rifinanziamento della Nuova Sabatini».
A rischio gli effetti del cuneo fiscale
Note di merito vengono da Confindustria «per la riduzione strutturale dell’imposizione fiscale per i redditi di lavoro dipendente fino a 40 mila euro», ha dichiarato davanti ai parlamentari Tarquini. Tuttavia, l’intento della misura sarebbe a rischio e «di essere vanificato dal parallelo riordino degli oneri detraibili, previsto per i contribuenti con reddito complessivo superiore a 75 mila euro». In sostanza il taglio delle detrazioni potrebbe rendere nulli gli effetti della misura sul cuneo fiscale.
I consigli di Confindustria: Ires premiale e accorpamento scaglioni Irpef
L’audizione del dg offre anche delle soluzioni al governo. Tarquini, nell’ottica di «rendere più attrattivo il Paese», rilancia «un meccanismo di Ires premiale». Poi spiega che i vincoli di bilancio possono essere rispettati con «una diversa e più produttiva, composizione degli interventi»: per esempio «l’accorpamento da quattro a tre degli scaglioni di reddito rilevanti a fini Irpef e il taglio delle detrazioni per i redditi superiori a 75 mila euro annui».
Sui tagli ai ministeri: quelli al Mimit «pesano sulle imprese»
All’interno della legge di Bilancio, il governo pensa di recuperare alcuni miliardi tagliando le spese dai ministeri. Ma il risparmio avrebbe un effetto negativo sul comparto industriale: «Quello di competenza del Mimit ammonta a circa 1,3 miliardi di euro nel prossimo triennio: in gran parte, si tratta di risorse poste a copertura di misure per la competitività delle imprese, che rischiano di venir meno», spiega il dg Tarquini. Come se non bastasse, a ciò andrebbe sommato «quello del cosiddetto fondo automotive per gli anni 2025/2030», una riduzione per circa 4,6 miliardi, «senza alcun confronto preventivo con gli operatori del settore».
Manovra troppo intrusiva nella governance delle imprese
L’ultima stilettata da Confindustria riguarda l’assetto di tutta la manovra: «Non possiamo non rilevare come essa, in alcuni passaggi, appaia troppo intrusiva nelle dinamiche d’impresa», spiega Tarquini. Che chiarisce: «Ci riferiamo soprattutto alle disposizioni che introducono per società, enti, organismi e fondazioni che ricevono contributi a carico dello Stato l’obbligo di integrare la composizione del collegio di revisione o sindacale con un rappresentante del Mef. In sede di prima applicazione, la soglia di significatività dei ‘contributi’ è fissata in 100 mila euro annui». Inoltre, critiche arrivano per «il tetto ai compensi degli amministratori pari al 50% di quello che spetta al primo presidente della Corte di Cassazione». Per Confindustria «l’imposizione di un sindaco o revisore di nomina ministeriale all’interno delle imprese presenta almeno due ordini di problemi: è una misura del tutto sproporzionata e che denota un’eccessiva diffidenza verso le imprese; non considera che le principali norme di incentivazione sono già soggette a forme di monitoraggio, che spesso comportano oneri molto significativi a carico delle imprese stesse». Per Tarquini la misura va quindi eliminata.
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