Il presidente n. 47 degli Stati Uniti d’America è Donald Trump, una vittoria netta per i Repubblicani, e un’elezione che cambierà, vedremo poi in quale modo, il mondo, considerata l’influenza delle scelte Usa nel panorama internazionale. E se Trump ha detto che “fermeremo le guerre”, c’è paura, ascoltando almeno alcune voci del settore, che possa scoppiarne un’altra, legata, però, al mondo del wine & food. Premessa: nel primo mandato di Trump il vino italiano si è “salvato” dai dazi imposti alle produzioni europee e francesi in particolare, al 25%, nella annosa disputa tra Airbus e Boeing. Dazi, peraltro, imposti su tanti altri prodotti del made in Italy agroalimentare, e mai tolti formalmente, ma soltanto “congelati” fino al 2026 nelle trattative tra l’Unione Europea a guida Von der Lyen, e gli Usa a guida Biden. E adesso? Le “minacce” legate ai dazi sono tornate, ma cosa succederà è tutto da vedere. Intanto le associazioni di categoria italiane hanno iniziato a lanciare i primi appelli per delineare le strategie future del settore.
Per Coldiretti “l’Unione Europea deve rafforzare il suo bilancio agricolo, gravemente carente rispetto al Farm Bill, il programma di aiuti per gli agricoltori americani, che il neo presidente prevede di potenziare con una serie di misure fiscali e incentivi per rafforzare la produzione alimentare statunitense e incrementare la presenza sui mercati esteri. La Politica agricola comune (Pac) in Europa vale 386 miliardi di euro in totale fino al 2027, di cui 35 miliardi di euro per l’Italia. Negli Usa il Farm bill vale 1.400 miliardi di dollari in dieci anni, con un gap profondo che penalizza gli agricoltori europei e che l’Ue dovrebbe impegnarsi a colmare per garantire la sovranità alimentare. Ci deve essere un tema di attenzione, di innovazione, di implementazione e deve essere fatto con risorse più utili. Ci auguriamo – conclude Coldiretti – che le relazioni Tra Stati Uniti ed Europa possano avere un recupero in termini di rapporti proficui nell’interesse delle nostre economie e auspichiamo che si possa arrivare anche a un cambio nello scenario che storicamente veniva attuato, che ha visto il settore agroalimentare italiano penalizzato da dispute di carattere economico tra Usa e Ue su altri settori produttivi, come quello aerospaziale”.
Per il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, “l’elezione di Donald Trump a presidente Usa è sfidante per l’agricoltura europea. Con un mercato americano sempre più competitivo, cresce la mia preoccupazione per gli imprenditori agricoli europei. L’Unione Europea deve assolutamente puntare su produttività e competitività come parole chiave per la nostra politica agricola. È fondamentale garantire condizioni che permettano alle nostre imprese di prosperare e competere su scala globale”.
Il presidente nazionale Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, ha detto che “contiamo su un lavoro diplomatico importante tra Europa e Stati Uniti anche per salvaguardare l’export agroalimentare Ue e made in Italy. Non dimentichiamo quanto accaduto tra il 2019 e il 2021 per effetto della politica di Donald Trump sulla querelle Airbus-Boeing, ma auspichiamo si apra ora una stagione che tenga fuori il tema dazi”. Anche perché, ricorda la Cia, “alla tregua quinquennale sancita nel 2021 resta praticamente un solo anno e occorre consolidare quello spiraglio di distensione che alla fine salvò i prodotti italiani – vino, olio e pasta in particolare – nella revisione delle liste merci Ue colpite dai dazi Usa, ma che fece, invece, tremare con una stangata del +25% il comparto dei formaggi, dei salumi e dei liquori italiani”. Fini ha aggiunto che “affianchiamo lungimiranza a preoccupazione. Questa è l’occasione, ulteriore, per rafforzare seriamente la competitività dell’agroalimentare Ue e costruire un Green Deal davvero possibile ed efficace, come del resto sollecita, da tempo, il mondo agricolo che sta pagando a un prezzo altissimo gli effetti delle crisi geopolitiche internazionali e, ancora di più, climatiche. L’Italia dovrà, in questo senso, farsi sentire dovendo salvaguardare circa mezzo miliardo di export di cibi e bevande made in Italy che, ogni anno, arrivano al di là dall’Atlantico, con il vino che vede negli Usa il suo primo mercato di sbocco. Ciò varrà una riflessione a Bruxelles sulle strategie politiche e le risorse economiche da mettere in campo per dare un futuro nuovo alla nostra agricoltura”.
Tra i settori più preoccupati c’è quello caseario. Per Davide Vernocchi, vicepresidente e attuale reggente di Confcooperative Fedagripesca “con la nuova presidenza Trump le esportazioni del settore lattiero-caseario italiano negli Usa, che ammontano a 445 milioni di euro, potrebbero subire un deciso rallentamento in caso di reintroduzione di dazi all’importazione. Si tratterebbe di una nuova battuta d’arresto per un comparto da sempre tra i più performanti del nostro made in Italy sui mercati esteri, con un valore complessivo delle esportazioni che nel 2023 ha raggiunto i 4,9 miliardi di euro, di cui circa il 9% è destinato negli Stati Uniti. Facciamo appello al Governo italiano e all’Unione Europea affinché possano vigilare e siano pronto ad attivarsi in caso di inasprimento delle relazioni commerciali. Il nostro auspicio è che la nuova amministrazione americana non inasprisca ulteriormente le tensioni commerciali tra gli Usa e l’Unione Europea, di cui potrebbero risentire anche altri comparti dell’agroalimentare, dall’ortofrutta al vino. La continuità degli scambi è di fondamentale importanza non solo per l’economia italiana, ma anche per l’indotto statunitense che ruota attorno alle importazioni dei prodotti agroalimentari italiani. Qualora lo scenario per le nostre esportazioni casearie dovesse peggiorare sosterremo ulteriormente le nostre imprese nell’implementazione della presenza commerciale sui mercati emergenti, che già stiamo percorrendo con risultati incoraggianti. Nel 2020, ricorda Confcooperative Fedagripesca, “il calo delle esportazioni dei formaggi italiani, a fronte dei dazi del 25% introdotti dal Governo americano nel 2019, fu pari al 19%, per una perdita in valore di oltre 64 milioni di euro. Gli Stati Uniti restano uno dei mercati con maggiore potenziale di crescita, trainato dalle vendite dalle Dop del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano”.
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