L’Italia è da quasi 2 mila anni una succursale della Germania. Il mito di Roma ci ha fatto perdere la prospettiva ma è una verità incontrovertibile.
Gli invasori dell’impero romano noti come barbari erano di stirpe germanica. Furono loro a installarsi sulle rovine dell’impero, i loro guerrieri sono diventati le classi dominanti dell’ Europa occidentale: visigoti in Portogallo e Spagna, Franchi e altri popoli affini in Francia, goti e poi soprattutto longobardi in Italia. Un re longobardo arrivò vicino a unificare la penisola, purtroppo un Papa glielo impedì con le dolorose conseguenze di cui ancora oggi scontiamo gli effetti.
Roma conquistò mezza Europa ma dovette fermarsi a Teutoburgo nel 9 d. c. Fu allora che si rovesciarono gli equilibri.
Per più di mille anni l’Italia è stata dominata da una nobiltà in prevalenza di origine longobarda. Tali furono i Visconti, gli Este, gli Scala e tutte le grandi famiglie del Nord.
I padri del dolce stil novo portano nomi di discendenza longobarda (Guido Guinizelli) e probabilmente anche Dante Alighieri aveva quella provenienza.
La prima poesia in lingua italiana fu composta in Sicilia alla corte di Federico II, tedesco di nome e di famiglia Hohenstaufen.
A Genova ci fu un nucleo di trovatori poco dopo il mille, i cui nomi sono di nobili famiglie come, Doria, Grimaldi, Grillo di sicura discendenza longobarda.
E se non erano longobardi erano proprio tedeschi. Si installarono a Genova dalla Germania nel nono secolo i Cicala, nobile famiglia che ha legato il suo nome a un intero isolato a Roma (mentre l’avito palazzo davanti al Duomo è un bed and breakfast.
La nobiltà fra Italia e Germania
Ex era di sangue longobardo e germanico la Matilde di Canossa che ha eccitato le nostre fantasie anti teutonicche negli anni scolastici del dopoguerra.
Nel corso dei secoli la presenza tedesca nella vita italiana è stata costante. Si scrive Sacro Romano Impero ma si legge Germania o Austria, fosse in carica Federico Barbarossa o Carlo Quinto.
Per qualche secolo quella che oggi è la parte più ricca dell’Italia fu loro colonia. Si tratta di una regione ricca non per merito dei suoi abitanti ma perché più vicina al centro dell‘Europa.
Dal Risorgimento alla seconda guerra mondiale si sono verificati fatti che hanno costituito cesura di quel rapporto.
In particolare i tedeschi non hanno digerito il voltafaccia del 1915 e il cambio di alleanza del 1943.
Ma la forza degli interessi economici ha prevalso suo risentimenti. Per quanto traditori gli italiani in fabbrica erano buoni operai che, in più, hanno importato la pizza e gli spaghetti. Gli italiani che vivono in Germania sono più di 800mila, uno ogni 100 tedeschi.
Ancora oggi la Germania è una meta ideale per gli italiani che cercano lavoro all’estero.
Ma la forza degli interessi economici ha prevalso suo risentimenti. Per quanto traditori gli italiani in fabbrica erano buoni operai che, in più, hanno importato la pizza e gli spaghetti. Gli italiani che vivono in Germania sono più di 800 mila, uno ogni 100 tedeschi.
Così era anche un secolo fa. Non solo i giovani del nord si recavano in Germania per imparare, ma anche i ricchi e potenti la prendevano a modello. Negli anni trenta del novecento Giovanni Agnelli, il fondatore della Fiat, esorto un giovanissimo ingegnere progettista del primo aereo italiano in metallo, a passare le vacanze a Berlino e per rafforzare il concetto lo raggiunse dopo pochi giorni.
Ma c’è di più. L’integrazione fra le due economie ha avuto una accelerazione con la caduta delle barriere doganali e con lo sviluppo del sistema autostradale, con grande beneficio per le zone povere del Nord Est.
Oggi l’industria del Nord Est è sussidiaria e di fatto parte del sistema produttivo tedesco. La ricchezza prodotta ci mantiene tutti.
La inevitabile conseguenza è che se il sistema industriale tedesco si ferma, per l’economia italiana le conseguenze sono inevitabili e immediate.
Ancora oggi la Germania è una meta ideale per gli italiani che cercano lavoro all’estero.
Capovolta la storia mitica
Questa lettura dei rapporti fra noi e loro contrasta col radicato sentire che vuole gli italiani eredi della grande civiltà romana e i tedeschi selvaggi figli delle loro foreste.
La grande civiltà romana era in realtà un eccellente sistema amministrativo per sfruttare le terre conquistate. Roma era al centro di una rete di sfruttamento internazionale che non ha generato produzione autonoma di ricchezza o men che mai cultura. Roma ha esportato il diritto non la poesia. I suoi pochi poeti o commediografi o filosofi erano derivazioni della cultura greca.
Quando ancora a Roma stavano sugli alberi in Germania si era sviluppata una ricca economia industriale che nei secoli è diventata il terminale di quel flusso commerciale che ha reso possibili le tanto celebrate civiltà delle isole greche.
Infatti appare difficile il contrario, che in isole di piccola superficie si sia sviluppata per partenogenesi la ricchezza di Creta e anche quella di Atene.
I beni di lusso venivano prodotti nel Medio Oriente quando non dall’India e dalla Cina e nel trasporto via mare dalla costa dell’Anatolia alla terraferma greca le navi con autonomia di pochi giorni (non c’erano frigoriferi né depuratori) erano costrette a sostare nelle isole per rifornirsi di acqua e alimenti.
Nell’Europa centrale si era sviluppata l’industria delle armi che venivano scambiate con quei beni di lusso e con materie prime di provenienza greca oltre che mediorientale.
I greci erano accaniti cercatori di materie prime anche fuori dei loro confini. Tucidide viveva sui proventi delle miniere di famiglia in Bulgaria. I Fenici sparsero la voce che fuori delle colonne d’Ercole (Gibilterra) giganteschi mostri mangiavano gli uomini per tenere i greci lontani dalle rotte per le miniere di stagno in Cornovaglia.
Tanto i greci hanno prosperato nel mito della loro cultura e civiltà tanto i tedeschi si sono crogiolati nel mito del teutone selvaggio. La Germania descritta da un Tacito che mai ci mise piede ha alimentato questa immagine al punto che Himmler voleva fare incetta dei manoscritti medievali.
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