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Per l’80esimo anniversario della Liberazione, le istituzioni hanno voluto produrre un boardgame che ricalca il periodo dopo l’armistizio in cui l’80 percento degli edifici in città andò in macerie
In strada il coprifuoco e i rastrellamenti dei nazifascisti, dal cielo le bombe degli Alleati che arrivarono a distruggere l’80 percento della città: per gli abitanti di Rimini non furono facili i tredici mesi cominciati dalla firma dell’Armistizio e finiti con la liberazione della città il 21 settembre 1944. Sono passati ottant’anni e ora un gioco da tavolo ripercorre quei tragici momenti della seconda guerra mondiale: un prodotto voluto dall’Istituto per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Rimini, con la collaborazione del Comune e della biblioteca Gambalunga, per conservare la memoria degli eventi attraverso strumenti alternativi ai tradizionali libri. Gli autori del gioco Rimini Libera, che verrà presentato al pubblico proprio il giorno dell’80esimo anniversario, sono i ravennati Gabriele Mari e Gianluca Santopietro che hanno lavorato per la società Sir Chester Cobblet di Ravenna.
Inventare giochi di società è il loro business, ma non capita così spesso di farlo su committenza con un soggetto ben preciso: «Ci siamo già cimentati più volte con la trasposizione di eventi storici, per esempio il Titanic – spiega Giacomo Santopietro, team principal della Sir Chester Cobblepot –, ma in effetti è la prima volta che veniamo incaricati da un’istituzione in occasione delle celebrazioni di una ricorrenza storica».
Verranno stampate 150 copie che le istituzioni metteranno a disposizione dei canali culturali del territorio riminese come biblioteche, scuole, associazioni, spazi educativi: «Al momento il gioco non è in vendita al pubblico per una scelta dei committenti, ma non è escluso che possa esserci una ristampa in futuro e una distribuzione commerciale». La prima presentazione pubblica di Rimini Libera si terrà alle 17.30 del 21 settembre alla biblioteca comunale di Rimini (Via Gambalunga 27). L’appuntamento è a ingresso libero e sarà possibile provare il gioco.
La lavorazione ha richiesto un anno di tempo. La prima sfida per gli autori è stata raccogliere le informazioni storiche per ricreare l’ambientazione fedele ai fatti, anche se in realtà è un po’ una caratteristica consolidata del gruppo che si è confrontato spesso con i personaggi della Storia per renderli giocabili. «Se dobbiamo identificare la fonte essenziale delle informazioni posso dire il libro La resistenza nel Riminese di Maurizio Casadei che a oggi è un riferimento per gli avvenimenti. In parallelo è stato prezioso anche il libro Macerie che è una raccolta fotografica di Luigi Severi con scatti dell’epoca».
La sfida più impegnativa è stata quella di assecondare i legittimi paletti posti dai committenti: la liberazione della città non poteva essere messa in discussione – insomma nessun universo parallelo in cui Hitler è il capo del mondo – e i giocatori devono agire in collaborazione ma con un vincitore della partita. «Di fronte a questi vincoli abbiamo deciso che la soluzione più adatta fosse riprodurre le difficoltà della sopravvivenza dei cittadini comuni in una Rimini in condizioni estreme: nazifascisti in città, bombardamenti, l’inverno e addirittura un luglio particolarmente piovoso che fece marcire molti raccolti di grano. E così siamo riusciti a dare spazio a un’idea che avevamo da tempo: fare un gioco sulla seconda guerra mondiale, ma non un gioco di guerra, come per esempio l’egregio This war of mine».
Nel gioco ci si cala nei panni di chi portò avanti la Resistenza riminese, semplici cittadini o gruppi più organizzati di partigiani. Temi, personalità e termini che hanno anche una connotazione politica marcata. Viene da chiedersi se potrà essere un gioco attraente anche per chi dovesse avere orientamenti diversi: «Il progetto per come ci è stato proposto fin dal principio si tiene lontano dalla retorica filoamericana con la distinzione fra buoni e cattivi, perché visto dagli occhi degli abitanti riminesi, gli Alleati erano quelli che bombardavano e distruggevano la città e forse per chi doveva sopravvivere non faceva molta distinzione tra una bomba Usa o una fucilazione tedesca. Poi è ovvio che stiamo parlando di persone che si opponevano a un regime ed è chiaro che i patrioti del gioco sono antifascisti e ne siamo ben contenti. Anche la scelta della parola patriota per indicare i giocatori vuole staccarsi dalla retorica attuale con la destra che cerca di impossessarsi del termine. Abbiamo riportato la parola al suo significato più diretto: persone che si impegnarono per la loro patria. Di fronte ad argomenti complessi un creatore di giochi vede prima di tutto una sfida per riuscire a creare un prodotto che restituisca quella complessità, senza togliere l’aspetto ludico. In questo caso parliamo di una guerra e crediamo che anche un gioco possa aiutare a capire cosa è successo».
Chi si siederà a un tavolo per giocare a Rimini Libera – e chi scrive ha avuto la possibilità di farlo prima dell’uscita partecipando ad alcune partite nella fase di test – metta in conto che proverà un senso di costante tensione, al limite della frustrazione, perché anche la strategia più brillante potrebbe sbriciolarsi sotto la bomba di un B17. Ed è il bello del gioco.
Non stiamo parlando di un party game (90’ minuti la durata consigliata, ma più probabile avvicinarsi alle due ore), ma di un gioco ambientato nella seconda guerra mondiale: sopravvivere era un lusso. Al tavolo nessuno ci lascia le penne – ovvio, mica è Squid Game – e i progettisti hanno realizzato un prodotto in cui fare punti è una sofferenza (come una sofferenza fu la quotidianità riminese dell’epoca). La città è riprodotta con tessere che raffigurano il reticolo di strade. Il gioco si sviluppa in 13 turni, ognuno corrispondente a un mese del periodo ricordato: a ogni pioggia di bombe vengono rimosse tessere, si stringe lo spazio di manovra e aumenta il senso di difficoltà. I giocatori sono patrioti (i nazi-fascisti sono mossi dal gioco): si gioca in sei e l’esperienza più efficace è forse proprio in sei per evitare che a qualcuno tocchi manovrare due personaggi. Qualora un giorno il gioco dovesse arrivare sugli scaffali, i nerd doc non potranno fare a meno di volere un playmat per appoggiare le tessere.
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