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Le opere di non irrilevante consistenza superficiaria o volumetrica sono insuscettibili di essere qualificate come di lieve entità sotto il profilo dell’impatto paesaggistico ai fini dell’applicazione della procedura semplificata ex d.P.R. n. 31/2017. È quanto chiarito dal TAR Sicilia, Catania, Sez. IV, attraverso la sentenza n. 600 del 29 agosto 2024 che stabilisce che per tettoia e verande occorrono autorizzazione paesaggistica e titolo edilizio.
Autorizzazione paesaggistica tettoia e verande: il ricorso
Ad oggetto del giudizio all’attenzione del TAR Sicilia vi era una tettoia sorretta da paletti in metallo e legno, tassellati e bullonati tra loro e al parapetto, con copertura in materiale espanso impermeabile e chiusa, in parte, con lastre di vetro.
Le opere erano realizzate abusivamente e, per questo motivo, si presentava istanza di sanatoria.
Il procedimento veniva istruito dal Comune e si richiedeva alla Soprintendenza il nulla osta paesaggistico. All’esito di richieste di integrazioni documentali, il nulla osta paesaggistico, tuttavia, veniva negato e, di conseguenza, il Comune rigettava l’istanza di sanatoria, ordinando la demolizione delle opere.
Tali provvedimenti venivano impugnati dalla proprietaria dell’immobile. Il TAR, tuttavia, non ha ritenuto condivisibili le motivazioni addotte e, per l’effetto, ha respinto il ricorso, confermando la validità degli atti impugnati.
Installazione di tettoia e verande: la corretta qualificazione giuridica
Tra le motivazioni addotte dalla ricorrente ve ne era una relativa alla qualificazione delle tettoie e delle verande che, a dire della ricorrente, non identificherebbero nuove costruzioni, né realizzerebbero nuovi volumi o modificherebbero la destinazione d’uso degli immobili, trattandosi di opere precarie, destinate al loro miglior godimento, annoverate tra le attività edilizia cd. libera.
Configurandosi quali attività in regime di edilizia libera le stesse sarebbero ammissibili anche dal punto di vista ambientale in virtù della previsione di cui all’art. 167, comma 4, d.lgs. n. 42/2004. Le opere in questione si sarebbero dovute ritenere non soggette ad autorizzazione in quanto sussumibili nelle categorie elencate all’art. 4 d.P.R. n. 31/2017, che rinvia all’Allegato A e all’Allegato B.
Poiché si trattava, dunque, di un’opera chiusa con lastre di vetro, opportunamente ancorata al suolo e quindi non amovibile e, comunque, destinata a soddisfare esigenze durevoli nel tempo, non si poteva invocare il regime dell’edilizia libera né tantomeno l’esclusione dal rilascio della preventiva autorizzazione paesaggistica (e viene escluso altresì che tali opere potessero essere ritenute suscettibili di autorizzazione paesaggistica semplificata).
Le conseguenze della violazione dei termini procedimentali
Ulteriore aspetto su cui si sofferma la sentenza è quello relativo alle conseguenze della violazione dei termini procedimentali. La ricorrente, infatti, invocava la nullità degli atti adottati successivamente al superamento dei termini di conclusone del procedimento.
L’art. 167, comma 5, d.lgs. n. 42/2004, prevede un termine di novanta giorni per rendere il parere da parte della Sovrintendenza (termine violato nel caso di specie). Nonostante tale previsione, la giurisprudenza – cui si unisce la pronuncia in commento – non ritiene che il superamento di tale termine determini la consumazione del potere riconosciuto alla Sovrintendenza, con la conseguenza che questa potrà rendere il proprio parere, anche tardivamente.
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