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Accertamento della residenza fiscale: attività investigativa #adessonews

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L’efficacia dell’azione di contrasto ai fenomeni di evasione ed elusione fiscale transnazionale è subordinata alla corretta identificazione dello status del singolo contribuente. Dall’identificazione della corretta residenza fiscale dipende la definitiva determinazione delle giurisdizioni titolari dell’imposizione fiscale.

Proprio sulla base di queste considerazioni l’Amministrazione finanziaria italiana ogni anno effettua migliaia di controlli per verificare l’effettivo trasferimento di residenza all’estero degli espatriati. Questa attività di compliance è legata ad evitare frodi fiscali ed a permettere la corretta tassazione dei redditi percepiti. Nel corso degli anni le metodologie di accertamento sulla residenza fiscale si sono affinate.

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Oggi il principale strumento per identificare soggetti “fittiziamente” non residenti in Italia è dato dallo scambio automatico di informazioni (CRS). Si tratta di un processo che coinvolge oltre duecento stati del mondo che scambiano informazioni finanziarie ai fini fiscali. Conoscere questo tipo di attività può essere importante. Infatti, molto spesso gli espatriati commettono errori nella procedura di trasferimento all’estero proprio in virtù della scarsa conoscenza normativa. Infine, conoscere i metodi di accertamento è necessaria nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria voglia controllare la tua situazione di espatriato.

La residenza fiscale in Italia

La residenza fiscale rappresenta uno dei principi fondanti della disciplina tributaria. La sua importanza è fondamentale per le imposte dirette, e di “riflesso” per quelle indirette. Proprio sul principio di residenza fiscale un soggetto fiscalmente residente in Italia è tenuto al versamento delle imposte sui redditi ovunque prodotti. Si tratta del principio della “worldwide taxation“, di cui al primo comma dell’articolo 3 del DPR n. 917/86 (TUIR).

È opportuno evidenziare, infatti, che un soggetto (persona fisica) si considera fiscalmente residente in Italia qualora per 183/184 giorni nell’anno solare (ex art. 2, comma 2 del TUIR), alternativamente:

  • Risulti iscritto nelle anagrafi della popolazione residente (criterio di natura formale); oppure
  • Abbia nel territorio dello Stato il domicilio, inteso come luogo dove si sviluppano principalmente le sue relazioni personali e familiari (criterio in vigore dal 2024); oppure
  • Abbia nel territorio dello Stato la residenza a norma dell’art. 43 comma 2 del c.c.;
  • Presenza fisica in Italia per la maggior parte del periodo di imposta (considerando anche le frazioni di giorno.

Questi criteri rappresentano condizioni alternative e non concorrenti tra loro (CM 304 del 2 febbraio 1997). Un soggetto è considerato “fiscalmente residente” per il solo fatto di risultare iscritto all’Anagrafe della popolazione residente (APR/ANPR). Questo, anche a prescindere dalla verifica fattuale dell’effettiva presenza di domicilio o residenza in Italia.

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Al contrario, la cancellazione dall’APR/ANPR e contestuale iscrizione all’AIRE (per i soli cittadini italiani) non è condizione sufficiente affinché si possa essere considerati “non fiscalmente residenti“.

Al fine di escludere la residenza fiscale in Italia di un contribuente non è sufficiente la sua iscrizione AIRE (ovvero la sua cancellazione dall’Anagrafe). È, infatti, necessario che lo stesso non abbia in Italia né la residenza né il domicilio. Questo principio è stato più volte confermato dalla giurisprudenza di legittimità.

L’iscrizione all’AIRE del contribuente espatriato

L’iscrizione AIRE si effettua presentando apposita domanda all’Ambasciata o Consolato italiano più vicini, oppure utilizzando la procedura online disponibile dal sito Fast.it. La data di efficacia dell’iscrizione è data dal giorno della comunicazione di avvenuta iscrizione a cura dell’ufficio stesso all’ultimo Comune italiano di residenza del soggetto interessato. L’iscrizione all’AIRE costituisce il principale requisito formale – necessario ma non sufficiente – per comprovare il proprio status di non residente nel territorio dello Stato. Dall’altra, risulta strumentale per il monitoraggio dei contribuenti italiani che lasciano l’Italia e per la verifica dell’effettività del trasferimento all’estero.

Quando si parla di trasferimento all’estero e di possibili accertamenti sulla residenza occorre sempre fare riferimento alla citata C.M. n. 304/97, la quale afferma che:

la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, ben potendo questi ultimi essere desunti con ogni mezzo di prova

La circolare fornisce indicazioni operative in merito alle attività di accertamento della residenza fiscale volte ad individuare “i presupposti per l’imposizione in Italia” ed accertare “i redditi sottratti a tassazione“. L’attività di verifica degli uffici e degli organi di polizia tributaria è volta ad individuare gli elementi di fatto che possono ricondurre in Italia:

  • La residenza, intesa come il luogo in cui la persona ha la dimora abituale;
  • Il domicilio, inteso come il luogo in cui la persona sviluppa la sua relazione di interessi personali e familiari.

Iscrizione AIRE non sufficiente per la residenza estera

Le disposizioni sin qui descritte sono confermate anche dai documenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate. Prendiamo il caso di un’istanza di interpello a cui ha risposto l’Agenzia delle Entrate. Il caso è quello di Cittadino italiano iscritto AIRE trasferitosi in Lussemburgo con contratto di lavoro dipendente. La famiglia dell’istante è residente in Italia e il contratto di affitto e (utenze) dell’immobile in uso ai familiari intestato a suo nome. Questi elementi potrebbero indurre a ritenere che questi abbia in Italia il proprio domicilio, ex articolo 43 c.c.

Sul punto si deve segnalare la sentenza n. 6501 del 31 marzo 2015 della Cassazione. Nella stessa si afferma che:

le relazioni affettive e familiari non hanno una rilevanza prioritaria ai fini probatori della residenza fiscale venendo in rilievo solo unitamente ad altri probatori criteri che univocamente attestino il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento

Da evidenziare che la sentenza riguarda annualità dove il concetto di domicilio era ancora legato al luogo ove il soggetto ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi. Attualmente, la definizione di domicilio è strettamente legata agli interessi personali e familiari del soggetto. Pertanto, probabilmente, anche in futuro le posizioni giurisprudenziali tenderanno ad ancorarsi a questo elemento, la prevalenza dell’aspetto familiare nel trasferimento di residenza di un soggetto.

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Trasferimento di residenza all’estero in paesi Black List (cd. paradisi fiscali)

In questo ambito merita un approfondimento la disposizione di cui all’articolo 2, comma 2-bis del TUIR. Essa prevede quanto segue:

“Si considerano residenti in Italia, salvo prova contraria, i cittadini cancellati dalle anagrafi della popolazione residente in Italia e trasferiti in Stati o territori individuati nella black list di cui al DM 4 maggio 1999

Art. 2, co. 2-bis TUIR

Sostanzialmente, si tratta di presunzione legale relativa che con la locuzione “salvo prova contraria” addossa al cittadino espatriato l’onere di provare la propria residenza all’estero. Questa prova può essere fornita con qualsiasi mezzo di natura documentale volto a dimostrare:

  • La sussistenza di una dimora abituale;
  • Il centro degli interessi vitali (centro degli interessi, familiari, economici e patrimoniali) nel Paese estero.

Per approfondire quali sono i paesi black list ti lascio a questo articolo di approfondimento dedicato: “Elenco paesi black list“.

Residenza fiscale delle persone fisiche nelle convenzioni internazionali

L’identificazione della residenza fiscale di un soggetto trova riscontro anche nelle varie convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dall’Italia. Tali convenzioni, sostanzialmente si rifanno, al modello di convenzione OCSE. In particolare l’art. 4 è quello che prevede i criteri per identificare la residenza fiscale di un soggetto. In primo luogo viene indicato di fare riferimento alle normative fiscali interne dei due paesi coinvolti (che hanno stipulato la convenzione).

Dirimere situazioni di conflitto di residenza fiscale

Nel caso in cui entrambe le disposizioni qualifichino il soggetto come ivi fiscalmente residente, ci si trova di fronte ad un fenomeno di “dual residence“. In questo caso è necessario analizzare quanto indicato dall’art. 4, paragrafo 2, il quale identifica le c.d. “tie-breaker rules“. Si tratta di una serie di regole da leggere in modo gerarchico e non concorrente che permettono di individuare la residenza in uno solo Stato contraente. Tali criteri, in ordine gerarchico, sono:

  • L’abitazione permanente;
  • Il centro degli interessi vitali ed economici;
  • Il soggiorno abituale;
  • La nazionalità.

Qualora i suddetti criteri non consentano di attribuire la residenza ad uno Stato contraente, le autorità competenti degli Stati contraenti risolvono la questione di comune accordo. In questo modo è possibile limitare le ipotesi di doppia residenza e di doppia imposizione.

Per questi motivi in caso di contenzioso è utile invocare la presenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni (CDI). Questo al fine di far prevalere al cd “residenza di fatto” e dirimere i costi di doppia residenza. Sul punto si deve evidenziare che la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affermato, in applicazione delle tie breaker rules di natura convenzionale, la prevalenza del centro degli interessi vitali ed economici (nel Paese estero) sul requisito formale dell’iscrizione all’Anagrafe della popolazione residente. Il tutto, distaccandosi, in tal senso, dal consolidato orientamento formalistico.

L’importanza del certificato di residenza estero

In ottica di accertamento della residenza fiscale estera si deve fare riferimento al certificato di residenza estero. Vi è, infatti, la possibilità per i cittadini italiani di integrare il requisito di non residenza invocando le richiamate disposizioni di matrice convenzionale. Questo avviene producendo un certificato di residenza fiscale nel Paese estero, ex articolo 4 del Modello OCSE.

Il certificato può essere utilizzato come strumento utile al superamento del requisito formale dato dall’iscrizione AIRE. Ricordiamo, infatti, che dal 2024 la mancata iscrizione AIRE è una presunzione solo relativa di residenza fiscale in Italia (quindi ammette prova contraria da parte del contribuente, dove il certificato di residenza estero è un documento utile a questi fini). Sino al 2023, invece, il mantenimento della residenza anagrafica in Italia è considerato presunzione assoluta (che non ammette prova contraria) di residenza fiscale in Italia.

Certificazione di residenza e regimi agevolati

La possibilità di dimostrare la residenza fiscale estera attraverso la certificazione di residenza fiscale, ex art. 4 della Convenzione contro le doppie imposizioni, per gli Stati in Convenzione con l’Italia è rilevante anche per la disciplina del c.d. “Lavoratori impatriati”. Infatti, per questo regime fiscale, in mancanza di iscrizione AIRE il contribuente impatriato può dimostrare la sua reale residenza fiscale estera partendo proprio dal documento rilasciato dall’autorità fiscale dello Stato estero ove ha vissuto (insieme alla documentazione nominativa in grado di dimostrare la stabilità dei suoi interessi nel Paese esteri negli anni precedenti al rientro in Italia).

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Per approfondire: “Mancata iscrizione AIRE lavoratori impatriati“.

La verifica delle clausole di split year

Quando si parla di trasferimento di residenza all’estero e di accertamento della residenza fiscale occorre fare attenzione anche a delle particolarità. Una di queste è sicuramente rappresentata dalle c.d. “clausole di split year“.

Si tratta di disposizioni presenti in alcune Convenzioni contro le doppie imposizioni, come ad esempio nel caso della Germania e della Svizzera. Queste clausole prevedono un frazionamento del periodo di imposta, anche a livello fiscale. In proposto, la stessa Agenzia delle Entrate ha precisato che:

  • Tale regola non incide sulla definizione convenzionale di soggetto residente;
  • Né può integrare la definizione domestica di residenza cui fa rinvio l’articolo 4 par. 1 del Modello OCSE. Essa ammessa ai soli fini del successivo paragrafo 2, per risolvere i casi di doppia residenza fiscale.

In pratica, in caso di trasferimento di una persona fisica dalla Svizzera in Italia, il criterio del frazionamento del periodo d’imposta si applica esclusivamente nel caso in cui il trasferimento avviene appunto nella prima parte del periodo d’imposta. Verificandosi un’ipotesi di doppia residenza per la prima parte dell’anno (e cioè tra il 1° gennaio e la data del trasferimento), può essere invocata la clausola dello split year. In questo caso il soggetto sarà considerato fiscalmente residente in Italia solamente a partire dalla data di effettivo trasferimento.

Quando un soggetto può valutare di considerarsi residente all’estero?

Il primo adempimento a cui fare riferimento per il proprio trasferimento di residenza all’estero è effettuare l’iscrizione AIRE. Solo da quando tale iscrizione risulta verificata per almeno 183 giorni nell’anno si è verificato il requisito formale del trasferimento all’estero. Come abbiamo visto, tuttavia, per “spogliarsi” dalla residenza fiscale italiana è necessario andare a spostare i principali elementi di collegamento con l’Italia del soggetto, composti da:

  • Collegamenti di natura familiare;
  • Collegamenti di natura patrimoniale/reddituale.

Solo nel momento in cui oltre al requisito formale dell’AIRE, anche gli elementi sostanziali del trasferimento collegano il soggetto al Paese estero di trasferimento, per almeno 183 giorni nel periodo di imposta, il soggetto può valutare di potersi considerare fiscalmente residente all’estero.

Questa scelta è collegata al comportamento concludente del contribuente che si sostanzia nella dichiarazione dei redditi italiana. Un soggetto che decide di considerarsi fiscalmente residente all’estero deve assolvere obblighi fiscali italiani sui solo redditi (eventualmente) prodotti nel territorio dello Stato. Questo, secondo quanto disposto dall’articolo 23 del TUIR (criterio di tassazione alla fonte). Quindi, un soggetto che decide di considerarsi fiscalmente residente all’estero che non ha redditi di fonte italiana, non ha obblighi di presentazione della dichiarazione dei redditi.

L’attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria basata sul rischio evasione

L’attività di accertamento che ogni anno l’Amministrazione finanziaria effettua sui soggetti espatriati è basata, principalmente, sulle probabilità di rischio evasione. Ogni soggetto, infatti, viene qualificato attraverso una valutazione di rischio potenziale di evasione, attraverso l’utilizzo di banche dati a disposizione dell’Agenzia delle Entrate. I soggetti che vengono ritenuti avere un maggiore rischio evasione sono quelli su cui si concentra l’attività di accertamento.

Ogni anno l’Amministrazione finanziaria stila delle liste selettive di contribuenti, considerati a maggior rischio evasione, sui quali viene concentrata l’attività di controllo. Naturalmente, i parametri in base ai quali viene costituito il rischio evasione non sono noti, ma è possibile prenderne in considerazione alcuni, osservando anche i soggetti che vengono selezionati per i controlli (vedi approfondimento nei paragrafi successivi).

Il ruolo dei comuni nell’accertamento

L’attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria è svolta in collaborazione dei Comuni. Questo, sia al fine di agevolare l’attività di controllo del trasferimento all’estero della residenza fiscale dei cittadini italiani, sia per contrastare fattispecie di evasione fiscale. Ai sensi dell’articolo 83, commi 16 e 17 del D.L. n. 112/08, a partire dalla richiesta di iscrizione AIRE il Comune italiano di residenza del soggetto interessato deve:

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  • Entro i sei mesi successivi. Confermare all’Agenzia delle Entrate l’effettiva cessazione della residenza all’interno dei confini del territorio nazionale da parte del richiedente;
  • Per il triennio successivo. Vigilare, unitamente all’Agenzia delle Entrate, circa l’effettiva cessazione. In questo caso, l’attività dei Comuni è stata incentivata grazie al riconoscimento di una quota pari al 100% delle eventuali maggiori somme relative ai tributi statali riscosse a titolo definitivo (D.L. n. 203/05).

L’attività di accertamento della residenza fiscale dei contribuenti si è incrementata negli ultimi anni. Questo è avvenuto anche grazie al presidio di monitoraggio dei Comuni. Questi, infatti sono obbligati a trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati dei soggetti che hanno richiesto l’iscrizione all’AIRE ai fini della “formazione di liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie ed investimenti patrimoniali esteri non dichiarati“. Questo, in modo tale da:

  • Accertare l’effettività della residenza fiscale estera del soggetto iscritto all’AIRE;
  • Verificare che non sussistano elementi tali da ricondurre in Italia la residenza e/o il domicilio del soggetto iscritto AIRE;
  • Accertare i redditi di fonte estera prodotti dal soggetto auto-dichiaratosi non residente.

L’Agenzia delle Entrate ha stipulato un elenco di criteri oggettivi finalizzati alla redazione di apposite liste selettive (Provvedimento n. 43999/17). Si tratta di elenchi che dovrebbero portare all’individuazione di soggetti che si sono serviti dell’iscrizione AIRE per sottrarsi, illegittimamente, alla tassazione in Italia su base mondiale.

I criteri di selezione degli espatriati per le liste selettive di accertamento

Come abbiamo visto l’attività di accertamento sulla residenza degli espatriati è mirata, principalmente, verso i soggetti a maggior rischio evasione. Questi vengono inseriti in liste selettive per essere poi assoggettati a controllo. Per questo è importante, individuare quelli che possono essere dei veri e propri “campanelli d’allarme” che potrebbero portare all’identificazione di situazioni sospette circa l’effettività della residenza fiscale. Per le informazioni condivise e per la nostra esperienza i principali elementi che possono portare ad essere inseriti in queste liste possono essere:

  • Residenza in Italia del nucleo familiare del contribuente cd “centro degli interessi vitali“;
  • Il reddito del soggetto e del suo nucleo familiare negli anni precedenti al trasferimento all’estero;
  • Il possesso di patrimonio personale in Italia e/o all’estero di importo rilevante;
  • Informazioni relative a patrimoni immobiliari e finanziari detenuti all’estero, trasmesse dalle amministrazioni fiscali estere nell’ambito di direttive europee e di accordi di scambio automatico d’informazioni;
  • Le dichiarazioni dei redditi presentate in Italia;
  • I dati presenti nell’anagrafe dei conti correnti;
  • La sua partecipazione a ruoli all’interno di società residenti (socio, amministratore, etc) e le sue quote di partecipazione in società residenti;
  • Residenza dichiarata in uno degli Stati e territori a fiscalità privilegiata, individuati dal D.M. 4 maggio 1999, o per il fatto di risiedere in Paesi attenzionati per rischio di riciclaggio di denaro o fenomeno elusivi;
  • Residenza spostata in uno degli Stati confinanti con l’Italia;
  • Movimenti di capitale da e verso l’estero, trasmessi dagli operatori finanziari nell’ambito del monitoraggio fiscale di cui al D.L. n. 167/90;
  • Disponibilità, per oltre 90 giorni all’anno, di beni immobili;
  • Atti del registro segnaletici dell’effettiva presenza in Italia del contribuente;
  • Utenze elettriche, idriche, del gas e telefoniche attive;
  • Disponibilità di autoveicoli, motoveicoli e unità da diporto;
  • Titolarità di partita Iva attiva;
  • Versamento di contributi per collaboratori domestici;
  • Informazioni trasmesse dai sostituti di imposta con la Certificazione Unica e con il modello 770;
  • Informazioni relative a operazioni rilevanti Iva.

L’aspetto su cui prestare attenzione è dato dal fatto che ognuno di questi elementi assume un peso diverso nell’attività di individuazione del rischio evasione. Pertanto, è importante valutare con attenzione la propria situazione personale, anche prima di effettuare il trasferimento all’estero.

Come è possibile notare, sostanzialmente, qualunque soggetto iscritto AIRE potrebbe cadere in una o più delle casistiche riportate. Questo, nonostante l’effettività della propria residenza all’estero. Il rischio, quindi, è che possano finire nelle maglie di un accertamento sulla residenza fiscale contribuente realmente espatriati. Tutto questo, vanificando l’azione di contrasto verso soggetti non effettivamente residenti all’estero.

Tutti questi elementi portano alla formazione del rischio evasione e quindi dell’individuazione dei soggetti sui quali concentrare i propri controlli. Per questo motivo è importante valutare bene la propria posizione, soprattutto prima di effettuare un trasferimento di residenza all’estero.

Ulteriori banche dati a disposizione

Queste liste selettive di contribuenti possono essere integrate con altre informazioni già in possesso dell’Amministrazione finanziaria. Si tratta di informazioni che assumono rilevanza in quanto indicatori di effettiva presenza in Italia, tra cui: assicurazioni, fondi di previdenza, iscrizione in albi, contratti di leasing e noleggio.

La vera sfida per l’Amministrazione finanziaria è quella di riuscire a integrare tutte le banche dati in vigore. Mi riferisco in particolare all’ANPR, alle informazioni presenti nell’anagrafe tributaria e dallo scambio automatico di informazioni.

Le attività di indagine ed istruttorie a seguito dello scambio di informazioni

L’Amministrazione finanziaria attraverso:

  • Le liste selettive AIRE;
  • Le informazioni presenti nelle banche dati;

determinano e guidano l’Amministrazione finanziaria alla trasmissione di inviti e questionari ex articolo 32 del DPR n. 600/73. Si tratta, in questi casi, del primo passo verso i controlli che potrebbero sfociare un avviso di accertamento.

L’Amministrazione finanziaria, infatti, sulla base delle informazioni raccolte all’estero grazie alle molteplici forme di scambio di informazioni (automatico, su richiesta e spontaneo) ha avviato attività di indagine e/o istruttorie trasmettendo:

  • Le lettere di compliance. Documenti di cui al Provvedimento n. 299737/2017 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate;
  • Inviti o questionari ex articolo 32 del DPR n. 600/73 (a seguito di scambio di informazioni).

Le lettere di compliance inviate ai contribuenti

Uno dei principali strumenti di accertamento della residenza fiscale si basa sull’utilizzo delle lettere di compliance. Si tratta di lettere inviate in base al Provvedimento n. 299737/17 delle Entrate. Queste si basano sulle informazioni ottenute dallo scambio con le autorità fiscali estere. Il contribuente che si vede notificare tali lettere è chiamato a sanare eventuali irregolarità dichiarative mediante il ricorso allo strumento del ravvedimento operoso.

Questo tipo di lettere, solitamente, vengono inviate a specifici contribuenti per i quali sono emerse possibili anomalie dichiarative. Questo tipo di analisi viene effettuata a seguito dei dati ricevuti da parte della amministrazioni fiscali estere. Si tratta degli effetti dello scambio automatico di informazioni (“Common Reporting Standard (CRS)“. Sostanzialmente, queste lettere sono il frutto del incrocio tra:

  • I dati dichiarativi emersi dal quadro RW relativo ad attività finanziarie e patrimoniali estere;
  • I dati ricevuti dallo scambio automatico di informazioni.

Pertanto, tutti i contribuenti in possesso di assets esteri rilevanti ai fini del CRS potrebbero risultare destinatari di una lettere di compliance ai fini del monitoraggio fiscale.

Che cosa fare se ricevi una lettere di compliance?

Se sei il destinatario di una lettera di compliance significa che sei oggetto di accertamento della residenza fiscale. Da un punto di vista pratico, le scelte a tua disposizione possono essere le seguenti:

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  • Trascurare la comunicazione;
  • Chiedere alla Direzione Provinciale competente ulteriori informazioni per l’individuazione dell’investimento oggetto di segnalazione;
  • Fornire all’Agenzia delle Entrate l’informazione che giustifica la mancata compilazione del quadro RW. Ossia, che le attività sono amministrate da un intermediario finanziario italiano.

Chiaramente, quest’ultima soluzione appare la preferibile. Essa, infatti, permette di fare immediata chiarezza circa l’anomalia riscontrata derivante tra i dati ricevuti dal CRS e quelli dichiarativi.

Il ricevimento di inviti o questionari

L’invio di inviti o questionari al contribuente è il secondo strumento a disposizione dell’Amministrazione finanziaria per l’accertamento della residenza fiscale. In questo caso, rispetto alle lettere di compliance, siamo già di fronte ad una vera e propria attività istruttoria. Questo, in quanto sono già emersi elementi di incoerenza per l’Amministrazione finanziaria. Difatti, le richieste di chiarimenti riguardano particolari categorie di redditi ritenuti cruciali ai fini dell’individuazione di potenziali fattispecie evasive oltre-frontiera, quali:

Pertanto, possiamo affermare che le richieste di chiarimenti hanno assunto carattere istruttorio in quanto sostenute da sufficienti motivazioni a norma dell’articolo 32 DPR n. 600/73. L’aspetto maggiormente problematico degli inviti o questionari è dato dalla maggiore sensibilità adottata dalle Entrate. Infatti, in materia di consistenze e redditi esteri l’Amministrazione finanziaria chiede documentazione che va ben oltre lo specifico reddito di cui ha notizia.

Ad esempio, la documentazione che può essere richiesta è la seguente:

estratti conto di tutte le relazioni bancarie detenute all’estero ovvero di ogni altra attività di natura finanziaria estera attraverso cui è stato possibile produrre redditi di fonte estera, a Lei intestati o comunque nella Sua disponibilità, detenuti all’estero per gli anni d’imposta a partire dalla loro costituzione

Che cosa accade se non rispondo ad inviti o questionari?

In caso di accertamento della residenza fiscale la mancata risposta ad inviti o questionari ha conseguenze importanti. Questo, in quanto tali inviti sono dunque caratterizzati da informazioni precise e facilmente verificabili dall’Amministrazione finanziaria. Può trattarsi di redditi non dichiarati, oppure la disponibilità di attività finanziarie non monitorate. In questo caso, un eventuale mancato riscontro o un riscontro parziale in seguito all’invio di un invito o questionario viene sanzionato con:

  • Il “divieto di utilizzazione in sede amministrativa e processuale delle notizie ed i dati non addotti dal contribuente“;
  • Le sanzioni pecuniarie derivanti dall’omesso monitoraggio fiscale o dalle omesse imposte dirette versate.

Le problematiche legate agli accertamenti sulla residenza

Il tema della residenza fiscale rappresenta il punto di partenza fondamentale per identificare possibili pretese impositive, in capo alle singole giurisdizioni. A seguito degli accordi internazionali sullo scambio di informazioni i singoli intermediari finanziari e le autorità fiscali giocano un ruolo decisivo per l’individuazione della residenza fiscale. Tuttavia, l’efficacia della suddetta attività di due diligence potrebbe essere compromessa, ad esempio:

  • Nei casi di dual residence. Situazioni spesso risolte attraverso autocertificazioni di residenza;
  • L’adesione a regimi speciali volti all’acquisizione della residenza o della cittadinanza in Paesi stranieri.

Tuttavia, ad oggi, per quella che è la mia esperienza sul campo, la principale problematica legata a questo tipo di accertamenti sulla residenza fiscale è data dai seguenti aspetti:

  • La mancata riconciliazione automatica tra dati presenti nelle dichiarazioni dei redditi e nel quadro RW con quelli derivanti dal CRS;
  • L’invio di lettere di compliance anche a soggetti che sono in linea con gli adempimenti del TUIR in termini di residenza fiscale;
  • L’importante attività di documentazione richiesta al contribuente sottoposto a controllo che va anche oltre al reddito o all’attività finanziaria oggetto di controllo.

Tutti questi aspetti dovrebbero essere migliorati da parte dell’Amministrazione finanziaria per arrivare ad effettuare accertamenti più mirati.

I controlli sugli intermediari finanziari esteri

Da ultimo, occorre infine segnalare che l’Amministrazione finanziaria, anche sulla base delle informazioni ottenute dallo scambio automatico d’informazioni, ha altresì avviato attività di indagine nei confronti degli intermediari esteri. Si tratta di enti che hanno posto in essere attività con clientela italiana. In particolare, i militari della Guardia di finanza hanno recapitato ad oltre 250 intermediari (con sede in Svizzera, Principato di Monaco e Principato del Liechtenstein) appositi questionari. Si tratta di documenti volti all’identificazione delle attività svolte dagli istituti di credito esteri nei confronti dei clienti fiscalmente residenti in Italia.

Tali richieste hanno tratto origine, in particolar modo, dai contratti di mutuo attivati da contribuenti italiani con i suddetti intermediari
esteri. Circostanza che, di fatto, avrebbe integrato il presupposto per il versamento dell’imposta sugli interessi corrisposti sui capitali erogati.

Pertanto, considerando l’ampiezza delle informazioni richieste (volte ad una mappatura completa delle attività svolte dal singolo intermediario), tali comunicazioni hanno creato non poche preoccupazioni agli operatori che. Questi stanno ancora valutando le modalità attraverso cui addivenire all’elaborazione di riscontri soddisfacenti in merito alle richieste evase dall’autorità. Riscontri che, qualora non pervenissero, potrebbero dar vita ad importanti sanzioni amministrative quanto penali.

La giurisprudenza in tema di residenza fiscale

Il tema della residenza fiscale è quindi un tema di particolare complessità e frequentemente oggetto di contenzioso tributario, trattandosi, tra l’altro, di tematica di diritto internazionale. Di seguito alcune pronunce di Cassazione che possono rappresentare, nella pur ondivaga interpretazione delle norme fiscali in commento, un ausilio per definire gli elementi fattuali utili per supportare la prova della residenza fiscale in Italia.

Data n. sentenza Elementi probatori
03/03/2010 5046 Non è sufficiente ad integrare la residenza fiscale in Italia il fatto che il contribuente sia amministratore di società con sede in Italia e titolare di proprietà immobiliari, di utenze elettriche, telefoniche e di altri servizi nel territorio nazionale
19/05/2010 12259 Integra la residenza fiscale in Italia la presenza di elementi personali e patrimoniali, come disponibilità di conti correnti con frequenti movimentazioni e l’intestazione di una società proprietaria di una villa a disposizione di un familiare
17/11/2010 23249 Non è sufficiente ad integrare la residenza fiscale in Italia il fatto che il contribuente abbia dei figli in affidamento in Italia, se lo stesso ha all’estero ulteriori rilevanti relazioni personali
25/03/2011 6934 Rilevano ai fini della residenza estera: (i) l’iscrizione del figlio presso un liceo estero (ii) l’acquisto di un’abitazione estera e (iii) il pagamento di bollette per utenze relative ad altro alloggio, temporaneamente occupato nel corso della ristrutturazione dell’abitazione principale, dati tutti desunti dalle risposte al questionario
18/11/2011 24246 Non è sufficiente, per provare la residenza estera, il possesso all’estero di una casa e la gestione di una attività commerciale, per giunta di non grandi dimensioni, qualora invece in Italia il contribuente abbia invece acquistato più di trenta immobili in pochi anni e svolgeva importanti attività lavorative e di affari anche in società, di cui era socio o amministratore, nell’ambito agroalimentare, dei trasporti e dell’edilizia
04/04/2012 5382 Integra la residenza fiscale in Italia il fatto che il contribuente (i) abbia cariche sociali in numerose società aventi sede legale in Italia e da cui abbia percepito anche compensi; (ii) abbia sottoscritto numerosi atti societari, nonché (iii) sia intestatario o co-intestatario di numerosi conti correnti bancari erogando, tra l’altro, finanziamenti a favore delle società
15/03/2013 6598 Integra la residenza fiscale in Italia il fatto che il contribuente (i) detenga numerosi immobili in Italia; (ii) abbia cariche sociali in numerose società di cui egli presieda le riunioni in Italia e dalle quale abbia incarichi operativi (sviluppo business in Italia e all’estero)
24/05/2013 12861 Integra la residenza fiscale in Italia il fatto che il contribuente (i) abbia ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento; (ii) abbia stipulato molteplici atti pubblici in Italia. Ciò sebbene il contribuente abbia fornito un certificato di residenza estera e la ricevuta di numerosi pagamenti di fornitura di elettricità e gas all’estero
04/09/2013 20285 Non integra la residenza fiscale italiana il fatto che i viaggi del contribuente riportino frequentemente città italiane come luogo di partenza o di arrivo, qualora il contribuente abbia documentato efficacemente: (i) l’esistenza di un contratto di affitto all’estero e il relativo pagamento dei canoni; (ii) la congruità delle spese sostenute all’estero per utenze
15/06/2016 12311 Sono elementi decisivi per integrare la residenza in Italia: (i) l’apertura da parte del contribuente di numerosi conti correnti in Italia; (ii) le numerosissime tracce di frequenti soggiorni in Italia; (iii) la circostanza che i numerosi contratti di sponsorizzazione prevedano come foro competente in caso di controversie quello italiano, (iv) l’avvenuta stipula di polizze assicurative in Italia, (v) il recapito della corrispondenza ad un indirizzo italiano
20/07//2018 19410 La presunzione di residenza fiscale in Italia può essere validamente superata, in assenza di specifiche controdeduzioni da: (i) contratti di locazione esteri; (ii) ricevute di pagamento del canone di locazione; (iii) utenze elettriche
21/12/2018 32992 Qualora i legami familiari sussistano in entrambi gli Stati, rilevano i legami economici e quindi non è da considerarsi residente in Italia il contribuente che risieda all’estero e ivi svolga la propria attività professionale insieme con il figlio. Ciò sebbene il contribuente mantenga in Italia la moglie e la figlia minore, sia proprietario di un’abitazione di famiglia di cui quest’ultimo risulta formalmente intestatario delle varie utenze
11/10/2022 29635 La mera iscrizione AIRE non è sufficiente ad escludere la residenza nello Stato, ex art. 2 del TUIR se il soggetto ha mantenuto in Italia il proprio domicilio inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle relazioni personali e ciò in quanto va contemperata la volontà individuale con le esigenze di tutela dell’affidamento dei terzi e, di conseguenza, va data prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente, in modo riconoscibile dai terzi.
Nel caso di specie, secondo la Corte, deve essere effettuata una valutazione “sull’effettività del domicilio nei termini appena indicati e quindi sulla prevalenza, rispetto all’Italia, del Principato di Monaco quale luogo di gestione abituale, riconoscibile dai terzi, degli interessi economici e personali” del contribuente. In particolare, dal punto di vista probatorio, a dimostrazione del mantenimento del centro degli interessi vitali in Italia vi sono (“tra cui la titolarità di tre appartamenti, numerose attività professionali legate alla sua attività di attore/doppiatore con percezione dei relativi compensi, l’intensa attività di spesa e d’incasso documentate dagli accertamenti bancari nonché il centro delle sue relazioni personali e familiari”).
06/06/2022 18009 Si considera residente in Svizzera il cittadino italiano iscritto all’AIRE avente in Svizzera la residenza propria, del proprio coniuge e dei propri figli, anche se egli tutti i giorni si reca in Italia per lavorare, ricoprendo l’incarico di amministratore in una società italiana. In particolare, secondo la Corte, da un lato, la residenza fiscale coincide con il centro degli interessi vitali, che è dato dal luogo in cui si trova la sede sia degli interessi personali che professionali, dall’altro, in base alla Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Svizzera, in caso di conflitto di residenza, rileva il luogo ove il contribuente ha l’abitazione principale.

Consulenza fiscale online

In questo articolo ho cercato di racchiudere tutta la mia esperienza nel campo degli accertamenti basati sulla verifica della residenza fiscale. Ogni anno l’Amministrazione finanziaria implementa la propria attività di controllo grazie anche all’aumentare dei Paesi che aderiscono al CRS. Quello che voglio dire è che se vuoi trasferirti all’estero non puoi pensare di sottovalutare la normativa fiscale nazionale e convenzionale sul trasferimento.

Soltanto in questo modo potrai evitare di incappare in noiose attività di accertamento di tipo fiscale. Per questo motivo è opportuno farti affiancare da un dottore Commercialista esperto in fiscalità internazionale. Se, invece, hai già ricevuto o credi di ricevere una lettere di compliance, o ancora inviti o questionari, è opportuno che possa confrontarti con un esperto.

Se hai bisogno di una consulenza personalizzata sulla tua situazione fiscale non esitare a contattarmi. Segui il link sottostante per metterti in contatto con me e ricevere il preventivo per una consulenza personalizza.

 



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