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La Sardegna di Alberto Ponis, una vita tra amore e architettura La Nuova Sardegna #finsubito richiedi mutuo fino 100%


Sassari «Ogni mattina alle 7 gli leggo i giornali, lo farò anche con questo articolo», Annarita Zalaffi sprizza amore da tutti i pori per il marito Alberto Ponis. Amore e ammirazione. L’architetto genovese, per molti ritenuto un maestro, ora 91enne, pochi giorni fa è stato omaggiato dalla sua Genova che gli ha conferito la medaglia della città e ha inaugurato una mostra con tutti i suoi lavori.

Qualcuno di lui ha scritto: «L’architetto della Sardegna moderna». Sì perché gran parte dei suoi lavori, quei bozzetti che sono diventati abitazioni pregiate immerse nella natura, li ha portati avanti nell’isola. Oltre 200 residenze tra Costa Paradiso, Trinità d’Agultu, Punta Sardegna, Porto Rafael, poi scuole e infrastrutture di ogni tipo a Palau e La Maddalena.

L’ispirazione sarda

Un amore, questa volta quello di Alberto Ponis verso l’isola, sbocciato negli anni ’60. Laureato in Architettura a Firenze, si trasferisce a Londra dove sono decisivi gli incontri con due protagonisti della corrente “New brutalism”: Ernö Goldfinger e Denys Lasdun, e mette piede nello studio di quest’ultimo. Nel 1963 rientra in Italia ma invece della Liguria fa rotta verso il nord della Sardegna, in Gallura, insieme a un gruppo di investitori inglesi. Sarebbe dovuto rimanere a Palau e dintorni giusto il tempo di progettare qualche opera: invece ci è rimasto tutta la vita. Le sue ville si mimetizzano con le rocce di granito e si sono modellate seguendo la vegetazione. L’idea modernista parte quasi sempre dallo spunto della casa dei pastori (per l’insediamento residenziale “Stazzu Pulcheddu” ha ricevuto il premio Inarch).

La vita insieme

«Aveva uno studio a Londra, ma poi si è spostato a Palau dove siamo rimasti – racconta la moglie Annarita, 76 anni, pensieri che corrono veloci e voce che affanna per ricordarsi di elencare tutto ciò che può tornare utile –. Mentre gli altri progettavano una casa e andavano via, lui è voluto rimanere a studiare la Sardegna. Ogni anno facciamo un viaggio in auto fino a Cagliari», e al ritorno tirano fuori dalle borse fotografie, disegni e appunti. Lei ingegnere, ha unito la sua vita sentimentale e lavorativa con quella di Alberto Ponis. Abituati a viaggiare – Roma, Genova, Stati Uniti, Tunisia, Egitto –, Annarita però è sarda, maddalenina. «Una volta che li ha scoperti, Alberto per i suoi progetti ha sempre usato solo materiali sardi. Tegole col cotto sardo e per l’argilla andavamo a cercare le cave dell’isola». Nella loro casa di Palau i due coniugi conservano un archivio immenso con tutto il lavoro portato avanti insieme per decenni.

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Armonia e natura

L’ultimo numero della prestigiosa rivista spagnola di architettura “El Croquis” è dedicata proprio a Ponis. In copertina una villa incastonata tra le rocce, tra le pagine tante altre opere sarde. La particolarità di tutte è che si mischiano ai colori delle rocce, bisogna talvolta aguzzare la vista per capire dove finisce la natura e dove inizia la mano dell’uomo. È proprio questa la forza del passaggio – divenuto influente – di Alberto Ponis in certe zone del nord.

«Negli ultimi sessant’anni ha incantato e ispirato»: ha ricordato il sindaco di Genova Marco Bucci nella cerimonia a Palazzo Ducale, qualche giorno fa. La medaglia è stata ritirata dai figli Marta Ponis e Mario Ponis. Ultimamente, lo scorrere del tempo ha lasciato qualche segno sulla pelle. Esce fuori tutto: amore, dolcezza, ammirazione, quando Annarita Zaffili parla del suo architetto preferito: «Per me le sue non sono case ma opere d’arte, sculture. Mi ha sempre appassionata l’equilibrio con la vita. Nella loro armonia, sono opere vive».



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