Il governo di centro-destra è in ostaggio alle potenti burocrazie ministeriali? Ci sono alcuni segni inequivocabili che vanno in questa direzione. Uno è l’articolo 112 del disegno di legge di bilancio attualmente in discussione in Parlamento, che impone alle società dotate di collegio sindacale, che ricevono aiuti pubblici di qualsiasi tipo, di importo (per ora) superiore a 100 mila euro, di sostituire uno dei sindaci con un membro scelto tra i dirigenti del ministero dell’economia.
L’obiettivo sarebbe quello di controllare come vengono spesi i soldi pubblici. L’effetto immediato sarà l’arricchimento dei burocrati che acquisiranno per diritto divino una poltrona e uno status che, per le aziende più grandi, è molto ambito e finora appannaggio delle professionalità più elevate.
Ma non basta, lo stesso articolo 112 dispone che le stesse società, dal 2025, non potranno effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi per un importo superiore al valore medio sostenuto negli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023, come risultante dai relativi rendiconti o bilanci deliberati. E qui abbiamo proprio toccato il fondo. Perché non si capisce proprio quale sia la ratio di questa spending review. Se infatti entrambe le disposizioni, nella P.a., potevano avere un senso per contenere la spesa pubblica, non si capisce proprio perché dovrebbero essere applicate alle imprese private, salvo che non si voglia introdurre un controllo statale anche sulla gestione delle imprese, sulla falsariga di quello che sta avvenendo in Cina.
L’effetto immediato sarà di ingessare l’iniziativa privata, che a questo punto non sarebbe libera nemmeno di fare investimenti o assunzioni. E questo pur non avendo esplicitamente richiesto contributi pubblici, laddove tra gli aiuti che bloccano la capacità di spesa dovessero essere compresi anche eventuali crediti d’imposta concessi a settori particolari: quindi, con una mano lo Stato concede alle imprese aiuti per sviluppare un settore strategico, o per alleviare i danni di un’alluvione o di un terremoto, e poi con l’altra impone un proprio sindaco e, peggio ancora, impedisce all’impresa di investire, di assumere o acquistare macchinari. Forse sarebbe il caso di riaprire i manicomi.
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