Con la circolare n. 20/E viene riconosciuta prevalenza alle relazioni personali e familiari piuttosto che a quelle economiche. Le persone che lavorano in smart working sono considerate fiscalmente residenti in Italia
Sono residenti in Italia le persone fisiche che per la maggior parte dell’anno hanno il domicilio nel territorio dello Stato: sviluppano cioè le relazioni
personali e familiari in via principale nel nostro Paese. Con la circolare n. 20/E, pubblicata lunedì 4 novembre, l’Agenzia delle Entrate illustra gli effetti delle modifiche introdotte dal Decreto fiscalità internazionale (Dlgs n. 209/2023) in materia di residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti in vigore dal 2024.
La natura del domicilio
Cambia quindi il concetto di «domicilio», spiega l’Agenzia in una nota: a differenza della disciplina previgente, non è più mutuato dal codice civile, ma, in linea con la prassi internazionale, viene riconosciuta prevalenza alle relazioni personali e familiari piuttosto che a quelle economiche. Ciò
fatta salva l’eventuale applicazione di disposizioni contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni. Il documento di prassi, corredato da una traduzione di cortesia in lingua inglese, illustra le nuove regole anche con esempi concreti.
La semplice presenza sul territorio dello Stato
A seguito delle modifiche normative, la semplice presenza sul territorio dello Stato, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni in un anno o 184 giorni in caso di anno bisestile, incluse le frazioni di giorno) è
sufficiente a configurare la residenza fiscale in Italia. La circolare rende chiarimenti sul computo delle frazioni di giorno. Illustra, inoltre, che per effetto dell’introduzione del nuovo criterio della presenza fisica, le persone che lavorano in smart working nello Stato italiano, per la maggior parte del periodo d’imposta, sono considerate fiscalmente residenti in Italia, senza che sia necessaria la configurazione di alcuno degli altri criteri di collegamento previsti dalla normativa (residenza civilistica, domicilio, iscrizione anagrafica).
L’iscrizione all’anagrafe
Infine, per effetto delle modifiche introdotte, l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente acquisisce il valore di una presunzione relativa (e non più assoluta) di residenza fiscale in Italia: vale, quindi, salvo prova contraria che può essere fornita dal contribuente. Rimane fermo, infine, il criterio della residenza ai sensi del codice civile così come il principio dell’alternatività dei diversi criteri.
Le novità per società ed enti
Sono previste novità anche per società ed enti. Secondo le nuove regole, evidenzia la circolare, sono considerati residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via
principale. Si tratta di tre criteri alternativi, ossia basta che ricorra uno solo di essi per configurare la residenza in Italia, l’importante è che la sussistenza del criterio si protragga per la maggior parte del periodo d’imposta. Rispetto alle precedenti regole, in sostanza, il presupposto della sede dell’amministrazione viene declinato nei concetti della sede di direzione effettiva e della gestione ordinaria in via principale e viene eliminato «l’oggetto principale» come criterio per stabilire la residenza.
Da quando sono in vigore
Le nuove regole sono in vigore dal primo gennaio 2024 per le società e gli enti aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare, per quelli per cui l’esercizio non coincide con l’anno solare la nuova determinazione della
residenza è efficace dal periodo successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023.
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