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PCTO e le novità per il tutor scolastico, quali responsabilità? Ne parliamo con Fausto Costi. INTERVISTA #finsubito prestito immediato


Gli incidenti sul lavoro sono in crescita, nonostante i corsi di formazione sulla sicurezza svolti negli anni nei luoghi di lavoro e quelli condotti a scuola per gli studenti chiamati a svolgere il percorso di PCTO, studenti che ultimato il percorso di studi secondari o universitari diventeranno a loro volta un giorno dei lavoratori che, in quanto tali, dovrebbero far tesoro di quanto appreso a scuola oltre che nei percorsi di alternanza tra scuola e lavoro.

E tuttavia non passa giorno in cui le cronache non diano notizia di uno o più eventi tragici che sconvolgono la vita di una famiglia, che all’improvviso perde il proprio congiunto in occasione di un’attività produttiva. Si attende il papà o la mamma, o un parente a pranzo o a cena, dopo una giornata di lavoro, e invece, più e più volte, invece del familiare atteso arriva a casa al suo posto un agente delle forze dell’ordine o una telefonata, per riportare una notizia che non si vorrebbe sentire e che invece che gela il sangue. Niente sarà più come prima per quella famiglia, anche se la percezione collettiva del fenomeno svanisce ogni volta in un senso di ineluttabilità e nei numeri freddi di una statistica che pare immodificabile.

E dunque partiamo da questi numeri. I morti sul lavoro registrati dall’INAIL da gennaio a luglio 2024 all’Inail sono stati 577, 18 in più rispetto alle 559 registrati nello stesso 2023. Ma solo i morti fanno notizia, tuttavia gli incidenti producono, ferite anche gravi, invalidità, ulteriore sofferenza tra le migliaia di lavoratori coinvolti ogni anno. Gli infortuni non mortali registrati dall’INAIL nel 2024 e fino al 31 luglio sono stati 350.823, in aumento rispetto ai 344.897 infortuni dello stesso periodo dell’anno 2023. Agli infortuni si aggiungono le malattie professionali e tra esse sono in crescita, anche a scuola, le malattie professionali causate da stress, da mobbing, da molestie, aggressioni fisiche e verbali spesso imputabili ad alunni e alle loro famiglie.

La scuola, come ogni altro luogo di lavoro, è direttamente investita dalla problematica degli infortuni sul lavoro – da cui scaturiscono i dubbi e i quesiti relativi all’assicurazione per i quali rimandiamo a precedenti articoli e approfondimenti – e per il fatto che gli studenti sono considerati dei lavoratori sia perché frequentano dei laboratori all’interno dei plessi sia nel momento in cui varcano i cancelli delle aziende o le porte degli uffici per svolgere la loro attività di alternanza scuola e lavoro, il PCTO.

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La sicurezza sui luoghi di lavoro, come ricorda il Ministero del lavoro, è disciplinata dal Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (c.d. Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi lavoro) che recepisce le direttive comunitarie in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Il testo normativo, in particolare, prevede un modello partecipativo della valutazione dei rischi finalizzato a programmare la prevenzione contro gli infortuni e altri danni alla salute del lavoratore. Il modello di gestione dei rischi, definito dal citato decreto, prevede che ai soggetti che tipicamente rientrano nella struttura aziendale, si affianchino anche delle figure con competenze tecnico-funzionali con il compito di supportare i primi nell’adempimento degli obblighi posti a loro carico dalla normativa vigente. Le disposizioni si applicano a tutti i settori di attività, privati e pubblici e a tutte le tipologie di rischio. Nel tempo, il Decreto Legislativo n. 81 del 2008 è stato oggetto di integrazioni e significative modifiche legislative: dal Decreto Legislativo 3 agosto 2009, n. 106, al Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 151, fino alle previsioni dettate dalla normativa connessa all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e alle disposizioni introdotte dal Decreto Legge 21 ottobre 2021, n. 146 (convertito con modificazioni in L. 17 dicembre 2021, n. 215).

Quest’ultima legge, la L. 215/2021, sorta a seguito dello stato di pericolo crescente ravvisato nei cantieri edili dopo l’avvio del Superbonus edilizio del 110 per cento, dovrebbe essere ben presente a molti insegnanti delle scuole secondarie di secondo grado, le quali, tutte, inviano i propri studenti nelle aziende private e negli uffici pubblici per adempiere agli obblighi connessi al PCTO. Gli insegnanti nominati dal dirigente scolastico quali tutor degli studenti rivestono la qualifica di “preposto”, che è, già secondo la normativa previgente, il “soggetto che sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”. La novità è che proprio con particolare riferimento alla figura del preposto, a seguito delle modifiche apportate dalla legge 215 del 2021 il suo ruolo è stato particolarmente rafforzato. Il tutor scolastico-preposto deve ora sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi, intervenire fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. E in caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, deve interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti. Gli obblighi e le responsabilità in sostanza si sono aggravate.

Preposto che non va confuso con la figura del tutor aziendale, anch’esso destinatario di responsabilità di ogni tipo, come dimostra il recente caso giudiziario che ha visto condannato il preposto aziendale per la morte di uno studente deceduto a seguito di un tragico incidente sul lavoro, nell’ultimo giorno della sua attività, nonostante quel giorno egli stesso, tutor aziendale, fosse assente giustificato dall’azienda. Probabilmente in propria assenza avrebbe dovuto dare a qualcun altro una delega formale? Il ruolo del tutor scolastico, anch’egli qualificato come preposto, è diventato molto incisivo dopo il 2021.

E c’è una novità. Ad integrazione di quanto sopra, il Decreto Lavoro del 2023 n. 85, definisce alcuni punti importanti sui temi di responsabilità e di obblighi documentali. Un punto su tutti:

deve essere obbligatoriamente aggiornato il documento di valutazione dei rischi (DVR) aziendale per la mansione di tirocinante/stagista/PCTO e nello specifico delle misure di prevenzione per gli studenti impegnati nei PCTO e delle indicazioni rispetto ai dispositivi di protezione individuale da adottare, nonché ogni altro segno distintivo utile a identificare gli studenti, come in generale stabilito dalle prassi tecniche definite dal DLgs 81/08. Aspetto molto importante: il documento DVR di mansione deve essere fornito alla scuola e allegata alla Convenzione, anche per verificarne la congruità e la correttezza applicativa.

Fausto Costi è professore a contratto presso il Dipartimento di Scienze ingegneristiche di UNIMORE nel coso di “Normativa di sicurezza nei luoghi di lavoro” relativa al corso di Ingegneria industriale”. Già Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) nelle scuole, formatore nei corsi di formazione generale, specifica e aggiornamento per il personale della scuola nelle piattaforme delle segreterie digitali delle scuole, ha iniziato a occuparsi di sicurezza sul lavoro già dal 1987.

Professor Fausto Costi qual è la posizione del tutor scolastico nell’ambito del PCTO?

“Il docente nominato tutor scolastico non ha l’obbligo di assunzione del ruolo di preposto dal Testo Unico sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. Anche in assenza di misure prese dal datore di lavoro, ha il diritto e soprattutto l’obbligo di far sospendere immediatamente l’attività lavorativa dello studente quando si accorge di una situazione di rischio”.

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Qual è la novità più evidente rispetto a quanto succedeva prima?

“Prima dell’ultima legge il docente preposto, in quei casi, doveva scrivere al datore di lavoro e quest’ultimo a quel punto aveva il dovere di sospendere l’attività lavorativa dello studente. Ora al preposto è stata affidata un’autonomia completa. Il preposto sul fronte PCTO è chiamato tutor aziendale. A differenza di quanto avveniva negli anni precedenti, da quest’anno c’è l’obbligo per il dirigente scolastico, che lo ottempera attraverso il tutor scolastico, di verificare che presso l’azienda destinataria sia presente l’apposita valutazione del rischio e l’apposita mansione per il tirocinante e per lo studente in stage aziendale”

Potrebbe non esserci, questa valutazione?

“Nelle aziende grandi generalmente non ci sono problemi particolari. Visto che seguo alcune scuole ho visto nel tempo che invece le piccole e medie aziende e quelle artigianali vivono questo lavoro con un po’ di sofferenza, e allora che cosa viene fatto all’interno della scuola? Il responsabile per la sicurezza della scuola (RSPP) si coordina con l’azienda ospitante per un modello che effettivamente raccolga gli elementi di rischio che ci sono all’interno dell’azienda stessa, e il datore di lavoro dell’azienda lo integra nel proprio DVR aziendale, il documento di valutazione del rischio. Questo documento è a carico delle aziende e non è negoziabile con le scuole. Nel documento si trovano le misure compensative e integrative rispetto alla presenza di pericoli/rischi significativi quali ad esempio lavori in quota, lavori sotto tensione o movimentazione carichi, in questi casi si provvede alla riduzione del rischio fino alla limitazione di attività solo dimostrativa. Ma ciò deve essere scritto in modo puntuale nel DVR”.

Quando si può parlare di responsabilità della scuola?

“Quando la scuola non ottempera alle procedure richieste, nel caso che non sia stata svolta la formazione generale che viene indicata come una formazione per tutti coloro, docenti e studenti, che siano esposti al rischio. Essa si fa di norma nella classe prima delle superiori. Ci si iscrive a questo corso e si fanno i test. La formazione specifica per gli studenti invece si fa in presenza, è prevista e si svolge secondo modalità e contenuti che dipendono dal tipo di indirizzo e viene programmata in virtù delle specifiche caratteristiche del settore delle aziende che ospitano gli studenti”.

In quale momento lo studente si trasforma in lavoratore?

“Lo studente diventa lavoratore dell’azienda appena inizia il PCTO. E questo anche nei vari enti e nelle ONLUS, tutti soggetti sottoposti al decreto 81, con un proprio datore lavoro responsabile, e gli studenti sono destinatari della tutela dei lavoratori. Ed è giusto. La formazione specifica si fa a scuola e quando c’è il passaggio nel PCTO l’azienda deve integrarla”.

Può capitare che la scuola non abbia provveduto alla formazione sulla sicurezza o sia considerata carente?

“Rispetto alla formazione interna alla scuola l’obbligo ricade esclusivamente sul Dirigente Scolastico. Per le attività di PCTO si potrà concordare l’integrazione a carico della ditta ospitante, cosa che rappresenta una normalità dato che ogni azienda ha procedure lavorative specifiche e rischi altrettanto specifici”.

Laddove lo studente non risulti formato o se l’azienda non abbia integrato la formazione dello studente che cosa succede?

“In questi casi è responsabile il datore di lavoro, ma attenzione: c’è altresì un obbligo per la scuola di avere la contezza che il DVR con le mansioni prodotto dall’azienda sia stato redatto regolarmente e a questo proposito deve chiederlo, verificarne i contenuti e deve sincerarsi del fatto che sia fatto come richiede il Testo unico: cioè che non sia un semplice foglio di carta, ma abbia tutte le valutazioni necessarie tra cui quello della formazione”.

Cosa devono fare i tutor scolastici una volta partito il PCTO?

“I docenti tutor, uno per classe, sono quelli che conoscono bene gli ambiti aziendali. Nei corsi si spiega cosa fare e vengono pagati per il loro lavoro. Tutte le responsabilità passano in capo al tutor scolastico, come detto, ma deve avere fatto una precisa e puntuale formazione specifica dove vengono trasmesse le competenze perché possa svolgere il compito. Il tutor scolastico deve visitare le aziende, deve presentare lo studente, deve tornare in azienda per vedere se è tutto in regola”.

Può capitare che non sia tutto in regola durante il periodo del PCTO?

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“A me è capitato di andare a ritirare uno studente perché era stato adibito a funzioni diverse da quelle iniziali. Nel caso io sarei stato responsabile e dunque come tutor scolastico devo avere la contezza di cosa stiano facendo giorno dopo giorno i miei studenti”

Entriamo nello specifico. Che cosa deve fare nei fatti un tutor scolastico per stare tranquillo?

“Ovviamente ogni istituto scolastico si organizza per le proprie caratteristiche, ma ritengo sia necessario svolgere un richiamo settimanale o a metà percorso dello studente a scuola. Ad esempio, dirà ai ragazzi: venerdì non andate al lavoro e venite a scuola per fare il punto della situazione. E poi ciascuno studente farà una relazione. Questo però non solo alla fine del percorso ma anche a metà, per avere la percezione di come stiano andando le cose. Consideri che grandi aziende che conosco, come la Tetrapak, solo alla sicurezza dedicano due giorni, e gli studenti fanno solo quello, o alla Ferrari Auto, che è un’eccellenza da questo punto di vista. Qualche necessità ci potrebbe essere nelle piccole e medie aziende”.

Perché queste aziende accettano di fare svolgere il PCTO presso di loro?

“Principalmente per una visione di sostenibilità civile, inoltre sono fortemente orientate alle assunzioni e perché si rendono conto che molte di esse stanno perdendo appeal verso i giovani. Peraltro, per gli studenti il respiro delle aziende non si può sentire come si sente il respiro della scuola e le aziende sono interessate ad attirarli. Alcune imprese chiamano direttamente le scuole per avere degli stagisti. E’ chiaro che gli studenti dopo due settimane diventano produttivi, ma molte aziende vedono nel PCTO un ruolo sociale”.

Lei come valuta l’ideologia contro il PCTO, molto diffusa tra i docenti? Si sostiene che la scuola debba giustamente formare dei cittadini e non dei lavoratori.

”E’ un conflitto che c’è da sempre. Specie con riguardo agli indirizzi professionali e tecnici le aziende tendono a formarseli loro, i lavoratori. Se potessero, alcune si sostituirebbero alla scuola o vorrebbero delle grosse fette di integrazione. Del resto in alcuni Paesi come la Germania le aziende hanno una presenza fortissima nelle scuole. Poi c’è l’aspetto ideologico: se la scuola resta nel recinto e le aziende nel loro non si fa molta strada. Se mi si chiede se il PCTO abbia un valore io dico che ho sempre visto gli studenti tornare normalmente con una grande soddisfazione e quando alla maturità devono esporre una propria relazione sul PCTO lo fanno con grande entusiasmo. E si consideri che non sono pagati”.

Però non mancano i casi nei quali gli studenti si lamentano per essere stati adibiti a mansioni di routine, come fare fotocopie, o incaricati all’inserimento di dati al computer…

“Il tutor scolastico deve lavorare anche su questo. Quando si trova davanti un’azienda in merito alla quale lo studente riferisce che è stato adibito a fare solo fotocopie o inserimento dati, allora sarà il caso che il tutor prenda delle misure e tolga quantomeno quell’azienda dall’elenco da usare per il futuro. Quello del tutor scolastico è davvero un lavoro importante come impegno e come responsabilità. Dopo il 2021 come detto hai l’obbligo di valutare il DVR e se tu hai 25 studenti e 25 aziende diverse hai 25 DVR da leggere e interpretare correttamente”

Traduca per favore con qualche esempio la locuzione “interpretare correttamente” il DVR.

“Se nelle aziende in base al DVR si eseguono talune lavorazioni potenzialmente pericolose – anche se le attività sono ovviamente sicure – e lo studente risulta adibito proprio a quelle mansioni, il tutor, conoscendo bene il proprio studente potrebbe rilevare e dovrebbe far presente formalmente che il medesimo, per come lui lo conosce, potrebbe non avere le capacità per svolgere quelle mansioni in maniera sicura. In certi contesti lo studente dev’essere allontanato dal luogo di lavoro se il tutor scolastico ritiene che lo studente non abbia le competenze né la capacità di giudizio personale circa l’autodeterminazione dei rischi ed ecco perché c’è un tutor aziendale che stia a stretto contatto con il ragazzo. Il fatto è che occorre stare attenti a tutti gli studenti, a uno a uno”.

Torniamo sulla responsabilità. A chi sa di dover rispondere il tutor scolastico?

“Deve rispondere a tre soggetti: all’azienda che ospita lo studente per le mansioni di collegamento con la scuola, al dirigente scolastico che gli conferisce una nomina specifica che dev’essere condivisa specialmente sulle deleghe eventualmente disposte, e l’ultimo soggetto, ma che il più importante cioè la famiglia dello studente, che rappresenta la parte lesa in caso di infortunio”.

Infortuni che purtroppo si verificano.

“Sì, purtroppo succede. E alle sanzioni penali di cui spesso si parla purtroppo davanti ai casi di cronaca si devono aggiungere i risarcimenti richiesti alla scuola e che potenzialmente la Corte dei Conti indirizza poi verso il docente, ecco perché sono così importanti gli aspetti assicurativi aggiuntivi anche di tutela sulla mansione di tutor”.

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I docenti tutor sono consapevoli di tante responsabilità? C’è della temerarietà?

“I docenti teoricamente dovrebbero fare i corsi appositi che le organizzazioni fanno sul territorio e che i dirigenti scolastici attuano a scuola. Peraltro, prima di accettare i docenti devono avere ricevuto la formazione. Talvolta c’è della preoccupazione perché si esce da uno spazio di comfort, ma la volontà di rendere unica l’esperienza di PCTO può creare qualche problematica aggiuntiva.

In un incontro in particolare si parlava della qualità del PCTO poiché avevano mandato gli studenti in Germania dentro un’azienda che faceva la manutenzione agli aerei di una famosa compagnia aerea. Sulla carlinga superiore degli aerei si vedevano studenti appesi alle gru per svolgere delle valutazioni tecniche. Io a quel punto ho chiesto: ma gli studenti avevano fatto formazione sul quel tipo particolare di attività? Occorre che ci sia un accordo specifico fortissimo tra la scuola e l’azienda su come concepire percorsi di qualità sul piano della didattica ma in termini di alta attenzione sulla sicurezza”.

Gli studenti dei licei sono sottoposti a un minor rischio. E’ sempre così?

“I liceali in genere non vengono inviati in cantieri e aziende in cui ci sono rischi particolari, ma in luoghi privi di esposizione a rischi fisici, come associazioni, enti, teatri, biblioteche. Tuttavia occorre vigilare anche in questi casi e rispettare la normativa, sul piano della formazione e del controllo di quanto avviene sui luoghi che ospitano gli studenti”

Tra gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali rientrano gli infortuni in itinere

“Gli incidenti in itinere sono una fetta importante, lì la prevenzione è disciplinata dal codice della strada. Il riconoscimento degli infortuni in itinere è stato una bella vittoria. Il problema più grande sono però le malattie professionali che stanno diventando aggressioni fisiche, stress, bullismo, molestie, un fenomeno che sta esplodendo anche nel settore scolastico: si pensi alle molestie da parte dei genitori. I prefetti hanno già chiamato i dirigenti scolastici per aggiornarli sul fatto che non se ne può più delle aggressioni e per far presente loro che esiste una nuova normativa voluta dal ministro Valditara a difesa dei docenti”

Usciamo dalla scuola e torniamo alla realtà quotidiana del lavoro e degli infortuni spesso mortali sul lavoro. Come mai questa inaccettabile carneficina dopo tutta la formazione che si fa in azienda e da molti anni anche a scuola?

“Sembra incredibile ma negli ultimi anni il numero massimo di incidenti sul lavoro li abbiamo sull’ultima parte della fascia di anzianità di servizio, cioè sulle persone più esperte. Si vede dai dati statistici che, quando si sente più sicuro, il lavoratore si sente spinto a compiere delle operazioni che sono anche non previste dalle mansioni e lì è molto facile che si produca un’autolesione. Si pensa che avendo fatto cento volte quell’operazione si possa andare più veloci. Per questo motivo, grazie proprio a questa valutazione, si è deciso di modificare il quadro normativo deciso nel 2012 e dopo alcuni anni ora c’è una bozza definitiva che diventerà legge nel 2025”.

Qual è la novità?

“Che i percorsi formativi avranno aggiornamenti più frequenti nel tempo, proprio perché ci si è resi conto che, se la prima formazione è certamente importante, è importantissimo aumentarne la frequenza allo scopo di tenere alto il livello del controllo e della consapevolezza. Oggi l’obbligo è quello di fare 6 ore di formazione ogni 5 anni e dunque c’è chi fa un pacchetto completo oppure un’ora circa all’anno, mentre con la nuova, imminente normativa saranno accorciati i tempi di aggiornamento, e con una formazione e informazione che prevede sempre i test finali. Quindi anche il lavoratore esperto di 55 anni deve, tanto per dire, viene chiamato in aula e si continua ad aggiornare sulla sicurezza. Altro problema significativo nasce dalle barriere linguistiche derivate dalla presenza di lavoratori di origine straniera dove il messaggio potrebbe non essere capito nella sua completezza e occorre dunque lavorare seriamente anche su questo”.

I lavoratori secondo lei subiscono i corsi di formazione per la sicurezza o li svolgono con responsabilità e consapevolezza?

“Dipende, essendo diritto/doverevengono vissuti in modo differente. I corsi un po’ li subiscono e vedo che sono spesso i giovani ad essere attenti e molto coinvolti sull’argomento. All’università tengo un corso di normativa sulla sicurezza sul lavoro come responsabile della sicurezza ai futuri ingegneri. Faccio molte esercitazioni e loro quando entrano in azienda vantano un patrimonio di conoscenza alto. Poi però quando successivamente li vedo in azienda capita talvolta di trovarli con meno interesse sul tema o meno interessati. Ritengo che la scuola debba avere un ruolo più importante sul tema della formazione alla sicurezza attivando degli insegnamenti specifici e rientranti nei programmi ministeriali. Sono convinto in ogni caso che la cultura della sicurezza stia crescendo”.



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