Le reti derivanti possono estendersi per decine di chilometri, catturando tutto quel che incontrano sul loro cammino. Anche se prendono di mira principalmente grandi specie pelagiche come il pesce spada del Mediterraneo, in grave pericolo di estinzione, queste reti intrappolano anche balene, tartarughe marine e squali in via di estinzione. Quando vengono abbandonate o perse, queste reti di nylon possono diventare “reti fantasma”, uccidendo la vita marina per anni e contribuendo all’inquinamento da plastica.
La Environmental Justice Foundation (EJF) ha pubblicato la nuova indagine “Walls of death – illegal driftnetting in the Mediterranean” che denuncia e dimostra «L’uso persistente di reti da posta derivanti illegali da parte di imbarcazioni marocchine nel Mare di Alboran, un punto critico della biodiversità del Mediterraneo che ospita alcune delle specie marine più vulnerabili al mondo. Questa pesca indiscriminata e distruttiva è una seria minaccia per la fauna selvatica vulnerabile e viola numerose leggi sulla pesca».
Per i loro immensi costi ambientali le reti derivanti sono vietate dalle leggi internazionali, regionale e anche da quella marocchina, ma l’indagine dell’EJF ha scoperto che «La pesca con reti derivanti continua apertamente e potrebbe persino aumentare. Ancora nell’aprile 2024, sono state osservate reti nei porti marocchini e le imbarcazioni che le utilizzavano operavano attivamente sia nelle acque marocchine che in quelle spagnole nel mare di Alboran». Le cifre riportate nel rapporto rivelano «Un aumento sostanziale delle dimensioni della flotta marocchina di reti derivanti e quindi della pressione di pesca».
Gli sforzi per eliminare le reti da posta derivanti pelagiche sono iniziati a livello globale negli anni ’90 con risoluzioni delle Nazioni Unite che chiedevano un’azione coordinata da parte degli stati membri. A livello regionale, le principali restrizioni includono la Convention for the Conservation of Atlantic Tunas (ICCAT) (ICCAT) che vieta le reti da posta derivanti per la cattura di grandi specie pelagiche come il pesce spada nel Mediterraneo, un divieto imposto anche dalla General Fisheries Commission for the Mediterranean per le reti più lunghe di 2,5 km. L’Agreement on the Conservation of Cetaceans e le normative Ue limitano ulteriormente il possesso e l’uso di reti derivanti di lunghezza superiore a 2,5 km e ne vietano l’uso nelle acque dell’Ue per il pesce spada, indipendentemente dalle dimensioni della rete. Dal 2010, il Marocco ha vietato tutte le reti da posta derivanti, indipendentemente dalle dimensioni o dalle specie bersaglio.
Presentando la nuova indagine, il CEO e fondatore di EJF Steve Trent, ha detto che «I nostri risultati evidenziano una violazione sistematica dei divieti nazionali e internazionali sulle reti derivanti e un fallimento delle autorità marocchine nel farli rispettare. Con l’uso di reti illegali più che raddoppiato, da 370 imbarcazioni nel 2004 a 846 nel 2024, questo minaccia la ricca biodiversità marina del Mare di Alboran e potrebbe minare gli sforzi più ampi per salvaguardare la biodiversità e la pesca del Mediterraneo, anche da parte del Marocco. Esortiamo il Marocco a migliorare la sua sorveglianza e il controllo delle attività illegali e, attraverso la cooperazione e l’assistenza dell’Ue, a sostenere le comunità di pescatori per una transizione sostenibile dall’uso delle reti derivanti entro la fine del 2025. Ponendo fine alla pesca illegale con reti derivanti, possiamo proteggere la fauna marina, l’oceano e le comunità costiere che dipendono da essa».
L’elevata domanda estera di pesce spada è un fattore chiave del continuo e crescente utilizzo di reti da posta derivanti da parte della flotta marocchina. Nel 2022, il Marocco si è classificato come il quarto fornitore di prodotti ittici dell’U nione europea in termini di valore, con quasi tutto il pesce spada marocchino destinato all’esportazione, soprattutto in Spagna che rappresenta quasi il 79% delle esportazioni di pesce spada del Marocco e che è il principale fornitore Ue di prodotti a base di pesce spada, una parte significativa dei quali viene probabilmente riesportata dalla Spagna. L’Italia resta il più grande mercato Ue per le esportazioni spagnole di pesce spada, rappresentando l’84% del commercio in termini di valore.
Jesus Urios Culiañez, ocean campaigner di EJF, conferma: «La continua richiesta di pesce spada marocchino, in particolare dall’Ue, rimane il motore principale di questa pesca illegale. L’Ue e i suoi Stati membri, in particolare Spagna e Italia, devono assumersi la responsabilità di ispezionare attentamente le importazioni. Questo garantirà che il pesce pescato illegalmente non finisca nel mercato dell’Ue e che i consumatori dell’Ue non siano complici della distruzione ambientale del Mediterraneo».
Come ha detto un biologo marino e pescatore ai ricercatori EJF «Non c’è specie che ci fornisce la rete da posta derivante che non potremmo ottenere con attrezzi da pesca molto più selettivi. Non fornisce nulla che non potremmo ottenere in un altro modo più sostenibile».
La ricerca rivela un’evoluzione dei pescherecci reti derivanti: un tempo dominavano imbarcazioni industriali e semi-industriali più grandi, ora la maggioranza sono piccole imbarcazioni in legno (5-10 metri di lunghezza e circa 3 tonnellate lorde) che non sono sottoposte ad alcuna forma di controllo normativo. Ad agosto e settembre 2024li investigatori dell’EJF hanno visitato i porti di Tangeri, M’Diq, Alhocaima, Nador e Sidi Hsaïn nel nord del Marocco e hanno confermato «L’uso continuo di reti derivanti, con 843 imbarcazioni con reti derivanti registrate. Nel 2004, sono state registrate 370 imbarcazioni che utilizzavano reti derivanti».
Un capitano di un peschereccio marocchino rivela cosa c’è dietro l’inerzia e la complicità verso la pesca illegale del governo di Rabat: «La politica di considerare ciò che viene pescato con le reti da posta derivanti come pescato con palangari, qualcosa di inaccettabile, è fatta perché le reti da posta derivanti sono ufficialmente vietate. Hanno ottenuto aiuti europei per eliminarle e ora non riconosceranno l’esistenza delle reti da posta derivanti. Pertanto, peschiamo ufficialmente con palangari».
Dall’indagine di EJF emerge che i pescatori marocchini che utilizzano le reti da posta derivanti sono perfettamente consapevoli del danno ambientale e dell’illegalità di questo tipo di pesca, ma sottolineano la necessità del sostegno del governo per passare a un’attrezzatura alternativa. Oltre a suggerire alternative, i pescatori e la società civile marocchina chiedono un dialogo diretto con le autorità. Questo consentirebbe ai pescatori di esprimere le proprie preoccupazioni e condividere informazioni essenziali per facilitare una transizione dalla pesca con reti derivanti.
Un pescatore marocchino ha spiegato ai ricercatori che «Al giorno d’oggi, lavorare in mare non fornisce abbastanza per vivere; è difficile sostenere la propria famiglia. In passato, si poteva, perché c’era un sacco di pesce, e fare soldi era facile. Tuttavia, ora, il pescato è così scarso che non si riesce nemmeno a coprire le spese per carburante, esche, attrezzatura da pesca e tutto il resto».
Dopo il divieto dell’ICCAT del 2003 sulle reti derivanti per i grandi pesci pelagici, il Marocco ha lanciato un piano quadriennale che prevedeva istruzione pubblica, programmi di riacquisto, distruzione delle attrezzature e formazione sulla pesca alternativa, sostenuto da finanziamenti limitati degli Stati Uniti e da 1,25 milioni di euro all’anno dall’Ue fino al 2019. Ma EJF dice che «L’impatto di questi fondi non è chiaro e l’eliminazione graduale delle reti da posta derivanti è stata in gran parte infruttuosa». I pescatori marocchini hanno sottolineato la loro dipendenza economica dalle reti da posta derivanti e hanno riconosciuto la necessità che i programmi di riacquisto siano combinati con la fornitura di attrezzature da pesca alternative come palangari e supporto per la conversione della flotta a nuove attività, tra cui l’ittiturismo. Hanno anche chiesto un dialogo diretto con il governo per affrontare queste sfide in modo collaborativo.
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