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Fonti rinnovabili, Livorno contribuisce alla transizione energetica con i suoli urbanizzati, le coperture industriali, i siti da bonificare – #finsubito prestito personale immediato – Richiedi informazioni


Livorno, 14 novembre 2024 – Nel luglio scorso è stato pubblicato il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica che dà 180 giorni di tempo alle Regioni per emanare misure legislative atte a far sì che entro il 2030 possa essere raggiunto l’obiettivo di almeno il 40% di fonti rinnovabili nel mix energetico complessivo, in coerenza con gli obiettivi fissati dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima e con le nuove frontiere del “FIT55” europeo.

La Toscana vuol raggiungere questi obiettivi salvaguardando attività agricole produttive e valori paesaggistici, in un convinto percorso verso la transizione energetica che vede lo sforzo congiunto di Regione, Province e Comuni.

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A tal fine, lo scorso 6 novembre si è svolta una riunione congiunta delle commissioni regionali Sviluppo economico e rurale e Ambiente e territorio, per avviare il processo di ascolto degli enti locali toscani per stabilire le norme per l’individuazione delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti da fonti rinnovabili. Hanno partecipato, oltre ai presidenti Anselmi e De Robertis e ad alcuni consiglieri regionali, i rappresentanti di Anci e Upi toscana, l’assessora regionale all’ambiente Monni, i rappresentanti di Comuni e Province di Grosseto e Livorno.

A rappresentare il Comune di Livorno e a portare il contributo dell’Amministrazione è intervenuta l‘assessora all’urbanistica e all’ambiente Silvia Vivianiche ha ricordato che, se Livorno è città densamente costruita, il suo patrimonio collinare, sebbene poco vocato alla produzione agricola, è tuttavia ricco di eccellenze naturalistiche, e pertanto non può essere considerato a disposizione di quella che in molti chiamano speculazione energetica, ben diversa dalla virtuosità della conversione energetica. “Livorno – ha detto l’assessora – è pronta a dare il suo contributo con gli ettari di suoli e tetti industriali, con le proprie politiche energetiche e i propri atti di pianificazione, con la produzione di energia da fonte rinnovabile nelle aree portuali e retroportuali grazie all’intesa con l’Autorità di Sistema Portuale per la gestione condivisa delle aree di influenza reciproca città/porto. Un contributo che viene dalla città capoluogo di provincia, per raggiungere l’obiettivo della conversione energetica in un quadro di area vasta e di solidarietà territoriale, per arrivare a un bilancio energetico complessivo calcolato su ambiti provinciali, evitando che i territori rurali vengano compromessi. Così Livorno può difendere i territori che oggi sono maggiormente aggrediti dalle richieste di installazione di ingenti distese di impianti fotovoltaici e al contempo può dare un sostegno alla produzione energetica da fonti rinnovabili, nella tutela delle produzioni agricole tipiche, dei paesaggi rurali, degli equilibri ambientali”.

L’assessora Viviani ha inoltre ricordato che nel conto energetico totale dovrebbero essere considerate anche le comunità energetiche rinnovabili locali e il contributo che esse possono dare, così come si sta facendo a Livorno, dove queste comunità energetiche rinnovabili e sostenibili sono promosse dall’Amministrazione comunale, tramite l’installazione di impianti fotovoltaici sulle coperture del patrimonio immobiliare comunale.

L’audizione si è conclusa con un convinto no all’aggressione selvaggia delle campagne, delle vaste pianure agricole e delle ampie colline che caratterizzano i territori grossetani e livornesi, e un sicuro sì alla produzione che può venire dalle città e in esse dai grandi spazi urbanizzati industriali; sì anche all’utilizzo delle aree soggette a bonifica, dei siti estrattivi dismessi, delle porzioni di territorio residuali lungo le infrastrutture per la mobilità sovra-comunale su ferro e gomma. È stata condivisa anche la necessità che nella legge regionale sia contenuta la definizione dell’agri-voltaico, in modo che resti attività integrativa all’agricoltura e sia pertanto promossa e gestita solo da aziende agricole.


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