Il Liverpool ha iniziato alla grande la stagione ed è anche la squadra di Premier League cha ha più giocatori cresciuti nel proprio vivaio: il manager Slot, in questa stagione, ha dato spazio a Trent Alexander-Arnold, Curtis Jones, Conor Bradley, Jarell Quansah e Caoimhin Kelleher, tutti allevati nelle giovanili dei Reds. A esclusione dei primi due, tutti sono andati in prestito lontani da Anfield per mettersi alla prova dopo il percorso di formazione interno. E la loro esperienza è stata monitorata da Julian Ward, che dal 2015 al 2020 ha svolto la funzione di “loan pathways and football partnerships manager” del Liverpool, oppure dal suo successore Vitor Matos. Perché abbiamo raccontato questa piccola storia di lungimiranza calcistica? Risposta semplice: perché il Liverpool è stata una delle prime società a istituzionalizzare una figura, quella del responsabile dei prestiti, che sta diventando sempre più essenziale nell’organigramma di un grande club. Sia per salvaguardare gli interessi della società che per aiutare i giovani calciatori a emergere.
C’è un lungo articolo di The Athletic in cui vengono approfonditi diversi aspetti relativi a questa nuovo ruolo dirigenziale: il responsabile dei prestiti, infatti, non si limita solamente a individuare la squadra giusta in cui far crescere uno o più giocatori della società per cui lavora, ma segue costantemente i progressi degli atleti in prestito sia dal vivo che attraverso i video delle partite, crea dei collegamenti con i medici e i preparatori a cui sono affidati, raccoglie dati tecnici, tattici e fisici con cui integra le sue relazioni. Insomma, è un dirigente che si occupa del loro sviluppo e del loro benessere in tutti i sensi possibili.
Ovviamente, non prendiamoci in giro, questa figura ha anche un lato capitalistico: nel calcio contemporaneo, infatti, le operazioni in prestito non mirano solo a far crescere un calciatore in modo che poi possa tornare alla base ed essere lanciato in prima squadra, ma servono anche per accrescere il suo valore di mercato. Soprattutto se all’orizzonte, come avviene nella maggior parte dei casi, c’è una sua cessione. Nell’articolo di The Athletic, un responsabile prestiti della Premier League – che ha preferito rimanere anonimo – chiarisce proprio che «ogni cessione temporanea parte da quello che abbiamo in mente per il futuro dei nostri giocatori: se stiamo cercando una squadra in cui possano migliorare e basta, allora vorremmo che andassero a lavorare con un allenatore che ha le stesse idee del nostro, che ha un buon rapporto con i giovani, che li fa giocare nella loro posizione preferita. Se invece pensiamo che un nostro giocatore debba accumulare più minutaggio per aumentare il suo valore di mercato, guardiamo ad altre cose. Tipo per esempio al campionato in cui farlo giocare: se una certa lega e un certo club agevolano i giovani, li mettono al centro di tutto, allora saremo più propensi ad andare in quella direzione».
Il riferimento alla soluzione estera è piuttosto chiaro. Ed è anche in questo punto della filiera che il responsabile prestiti assume ulteriore importanza: sempre guardando alla Premier League, le rigide regole ereditate da Brexit costringono i club inglesi a rispettare dei parametri molto stringenti per l’importazione di calciatori dall’estero. Di conseguenza, diventa fondamentale avere dei collegamenti con squadre che militano in campionati in cui è più facile accumulare i punti necessari per ottenere un permesso di lavoro valido nel Regno Unito. Un esempio perfetto, in questo senso, è quello di Yankuba Minteh, esterno gambiano del Brighton: era di proprietà del Newcastle, ha giocato l’ultima stagione al Feyenoord, ha ottenuto il permesso di lavoro per giocare in Gran Bretagna ed è stato ceduto ai Seagulls. Per altro in cambio 35 milioni di euro, dopo che inizialmente era stato acquistato per otto milioni.
Ecco, questo è il punto centrale di tutta la faccenda: un buon responsabile prestiti può generare plusvalenze, quindi ricavi. Tramite la valorizzazione dei giocatori che poi si impatta sul mercato in entrata, oppure permettendo ai giovani di crescere ed essere lanciati in prima squadra senza costi ulteriori. E infatti non è un caso che la maggior parte dei club di Premier abbia scelto un ex calciatore per ricoprire questo ruolo così delicato: al Brighton c’è l’ex capitano Gordon Greer, ma poi ci sono anche Joleon Lescott (Manchester City), Carlton Cole (West Ham), Shola Ameobi (Newcastle), Les Parry (che da poco ha lasciato il Manchester United). Inoltre, come se non bastasse, anche il personale dedicato esclusivamente ai prestiti si sta ampliando: da anni, ormai, le squadre di Premier cercano e assumono scout, analisti dei dati e altri professionisti destinati a seguire solo i giocatori ceduti a titolo temporaneo. È un investimento che paga, che può pagare. In campo e soprattutto nei bilanci.
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