“Autonomia sì, ma non così come era stata voluta dal parlamento. È comunque positiva questa sentenza della corte costituzionale perché consente una maggiore ponderazione su materie delicatissime, che rischiavano seriamente di spaccare, in maniera irreversibile e dannosa, l’Italia”. È il commento dell’ex consigliere comunale, Salvo Sorbello, dopo lo stop della Consulta a sette profili della legge sull’Autonomia: dai Livelli essenziali di prestazione (Lep) alle aliquote sui tributi.
Tra i sette profili della legge ritenuti incostituzionali c’è la previsione che sia un decreto del presidente del Consiglio dei ministri a determinare l’aggiornamento dei Lep. Bocciato anche il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei Lep sui diritti civili e sociali senza idonei criteri direttivi con la “conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento“. Stop inoltre alla possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito perché “potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni”. Ma al di là delle bocciature, comunque importanti, la Corte rimette al centro il principio di sussidiarietà.
E sottolinea che la distribuzione delle funzioni legislativa e amministrative tra Stato e Regioni non deve “corrispondere all’esigenza di un riparto di poteri tra i diversi segmenti del sistema politico” ma deve avvenire “in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione”. È, dunque, “il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni”. Per questo l’Autonomia “deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini”. La decisione della Corte è arrivata al secondo giorno di Camera di consiglio, che si è riunito dopo la maxi udienza pubblica di martedì. C’è stata una discussione ampia e articolata e si è arrivati a una piena condivisione che ha portato a un accordo senza spaccature. La sentenza verrà depositata nelle prossime settimane e peserà inevitabilmente anche sui quesiti referendari. Non tanto su quello abrogativo della legge ma sugli altri che la Cassazione stessa potrebbe riformulare oppure dichiarare superati.
“Particolarmente importante – chiosa Sorbello – la decisione di non accentrare la scelta più importante, quella relativa ai Lep (Livelli essenziali delle prestazioni per i diritti sociali e civili), solo nelle mani del governo. Ben sette comunque i punti che risultano incostituzionali, tra cui la pronuncia della Corte che ritiene improprio che la legge Calderoli venga applicata alle richieste di autonomia che potrebbero provenire dalle regioni a statuto speciale, che invece hanno la possibilità di attivare la procedura seguendo il proprio Statuto, che purtroppo in Sicilia resta colpevolmente in gran parte ancora inapplicato. Con questa parziale bocciatura dell’autonomia differenziata restano comunque in piedi alcune questioni di merito. Solo quando sarà pubblicata la sentenza definitiva si potrà capire che fine farà il referendum abrogativo.
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