Il direttore generale Parenti: “Ucraina, Medio Oriente e Mar Rosso continuano a incidere negativamente”. Le proposte su fondo di accompagnamento all’esodo, buono portuale e targhe prova. “A Genova lo scalo va pacificato e tranquillizzato”
Roma – Ancip, Associazione nazionale delle compagnie imprese portuali, propone un emendamento per confermare, anche per il 2025, la possibilità per le Autorità di sistema portuale di coprire le giornate di mancato avviamento per gli articoli 17, cioè le imprese che forniscono lavoro portuale temporaneo e le minori giornate lavorate per le imprese portuali ex art.16 in appalto ai terminal. “La flessibilità regolata, riconosciuta per legge, degli articoli 17, sta mantenendo in piedi i porti italiani dal Covid in poi – spiega Gaudenzio Parenti, direttore generale dell’Ancip – Abbiamo avuto la guerra in Ucraina, la crisi in Medio Oriente, gli attacchi dei ribelli Houthi nel Mar Rosso: tutto questo sta incidendo negativamente sui traffici portuali italiani, e negli scali dove c’è l’articolo 17 è proprio questo soggetto giuridico che sta assorbendo maggiormente le crisi e quindi ha la necessità di essere supportato dallo Stato”.
“Molte imprese portuali autorizzate a svolgere operazioni e servizi portuali nonché i soggetti fornitori di lavoro temporaneo stanno registrando un forte calo di giornate e avviamenti lavorativi e gli outlook per il 2025 non sono assolutamente positivi”, spiega Ancip nella proposta “normativa di emendamento” al Ddl bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027, inviata al ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini, al viceministro, Edoardo Rixi, e alle Commissioni competenti del Senato e della Camera.
L’auspicio è che lo stesso ministero o le forze parlamentari lo facciano proprio e arrivi il via libera, come avvenuto in tutti gli anni post Covid, compreso il 2024. “Vedremo dove usciranno le varie proposte emendative alla legge di bilancio e da chi saranno presentate. Comunque siamo ottimisti perché c’è un ottimo e costante dialogo con la politica istituzionale, sia ministeriale che parlamentare. Per fortuna ci interfacciamo con interlocutori capaci che comprendono le dinamiche e le vere necessità della portualità italiana”, spiega Parenti a Shipmag, sottolineando anche il fatto che Ancip oggi associa circa 60 imprese. Tranne, storicamente, la Culmv di Genova. “Però c’è un ottimo rapporto di stima reciproca e di collaborazione con il cda e il console Antonio Benvenuti: ci sentiamo spesso e molte strategie le portiamo avanti insieme”.
“Oggi siamo l’associazione più rappresentativa dei porti italiani – evidenzia Parenti – Siamo gli unici, infatti, ad avere tutte le tipologie di imprese in associazione, dagli articoli 16 e ovviamente gli articoli 17 che rappresentiamo per legge, fino ai terminal associati e società di servizi di interesse economico generale anche per la viabilità all’interno dei vari porti”.
Oltre a riproporre l’emendamento che proroga, nella misura di 2 milioni come per il 2024, il contributo da parte delle Adsp a imprese e compagnie portuali per il calo delle giornate lavorate a causa degli scenari internazionali, Ancip ha presentato una serie di proposte insieme alle altre associazioni del cluster portuale. A partire da una serie di modifiche strutturali al fondo di accompagnamento all’esodo per i lavoratori delle imprese portuali, delle Autorità di sistema portuale e delle società di interesse economico generale. “Questo perché a oggi le imprese stanno accantonando i soldi, come da accordo a latere del vecchio rinnovo del contratto collettivo nazionale – dice Parenti – Lo stesso stanno facendo le Adsp, come da legge, e i lavoratori, ma non abbiamo uno strumento per poter procedere a questo accompagnamento all’esodo, per creare concretamente tutti i presupposti. Non sarà facile, ci sono modifiche tecnico giuridiche da approntare, ma ci confortano i continui contatti e interlocuzioni con i ministeri competenti”.
Ancora, nel mirino dell’Ancip e delle altre associazioni del mondo portuale c’è la modifica del “buono portuale”, ossia i fondi per la formazione e la certificazione delle imprese portuali. “Ci sono fondi a disposizione presso il ministero, ma ci siamo accorti che sono necessarie alcune modifiche per usufruirne pienamente”, sottolinea Parenti. Infine altre due proposte: “In questi ultimi anni ai vari governi che si sono succeduti abbiamo presentato sempre la richiesta di inserimento di alcune tipologie di lavoro portuale nei cosiddetti lavori usuranti – aggiunge – Poi abbiamo chiesto una modifica alla nuova norma sulle targhe prova, per non creare problemi operativi ai porti con traffici automotive, tra cui Livorno e Civitavecchia. Sono tutte proposte, supportate anche dal sindacato, nell’interesse generale della portualità, non a beneficio di una singola categoria, ma dell’intera comunità, perché un porto dove esiste flessibilità è un porto che può reggere sia i picchi che le flessioni dei traffici portuali”.
Una comunità di intenti che non sembra, però, sempre così scontata in ogni porto, non solo in quello di Genova, spesso additato come esempio di conflittualità. “Se posso permettermi una battuta – replica Parenti – Genova è un porto che andrebbe “pacificato” e “tranquillizzato”, nell’interesse della portualità non solo ligure, ma italiana perché è lo scalo più importante d’Italia. C’è bisogno di tranquillizzare e dare certezze ai clienti, agli operatori e ai mercati. Il terremoto giudiziario si è innestato sopra a guerre interne al porto preesistenti e che non facevano bene. Poi con il “terremoto” tutte le cose si sono acuite e precipitate. Per come la vedo io, il porto di Genova deve ritrovare l’armonia strategica e operativa con l’impegno di tutti, di tutto il cluster portuale: istituzioni, imprese e forza lavoro. Perché un porto dove regna la sinergia e la pace, anche se ovviamente ognuno fa gli interessi della propria impresa – come è logico che sia – è un porto che si sviluppa e porta risultati importanti in termini economici, di traffici e di lavoro. Non lo dico in termini filosofici o accademici, ma operativi e pragmatici”.
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