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Il governo Meloni dimentica la prevenzione al dissesto idrogeologico, zero fondi fino al 2027 #finsubito prestito immediato


Dopo le alluvioni recenti (e meno), l’urgenza di interventi per la sicurezza del territorio non trova risposte concrete. Nella Manovrai fondi previsti tardano ad arrivare, lasciando la regione Emilia-Romagna e altre aree vulnerabili esposte al rischio. Se è vero che ci sono fondi per la ricostruzione, manca una mentalità di prevenzione che potrebbe evitare, o anche solo limitare, i danni alle persone e alle cose.

I territori a rischio: piove sul bagnato

Le devastanti alluvioni che hanno colpito l’Emilia-Romagna nel maggio 2023 hanno dato una scossa al Paese e messo in luce, in modo drammatico, la fragilità di un territorio che necessita di urgenti misure di prevenzione.

A questa realtà, condivisa anche da molte altre regioni d’Italia, non corrisponde però un’adeguata risposta nella Manovra 2025, che rinvia il finanziamento per la messa in sicurezza al 2027. Due anni di attesa, senza fondi destinati alla prevenzione del dissesto idrogeologico, lasciano la regione e altri territori vulnerabili senza risorse per difendersi da disastri che la crisi climatica rende sempre più frequenti.

La carenza di fondi

All’articolo 92 della legge di Bilancio 2025, il governo ha previsto un Fondo nazionale per gli interventi di ricostruzione e messa in sicurezza del territorio. I fondi per questo scopo non saranno disponibili fino al 2027, con un primo stanziamento di 1,5 miliardi di euro, ridotto a 1,3 miliardi dal 2028 in poi. La scelta ha destato non poche perplessità, considerando che le esigenze di messa in sicurezza sono urgenti e pressanti.

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Irene Priolo, presidente facente funzioni della regione Emilia-Romagna, ha espresso forte preoccupazione, sottolineando come il biennio 2025-2026 sia il periodo “più caldo” per avviare gli interventi strutturali necessari per mettere in sicurezza il territorio. “Abbiamo bisogno di risorse adesso,” ha dichiarato.

Ci sono interventi urgenti da fare per prevenire nuove alluvioni devastanti, come:

  • avviare la costruzione di casse di espansione
  • allargare i letti dei fiumi
  • innalzare gli argini

L’impegno del Ministero dell’Ambiente: fondi extra-manovra

Pur non inclusi nella Manovra 2025, esistono fondi stanziati per affrontare il rischio idrogeologico nel breve termine. Il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, aveva annunciato la disponibilità di 1 miliardo e 84 milioni di euro per il 2024, ripartiti tra le regioni e destinati a interventi di mitigazione del rischio.

Durante un “question time” alla Camera dei Deputati, il ministro aveva illustrato il “Piano degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico” per il 2024, sostenendo la necessità di una corretta programmazione da parte delle Regioni e delle Province Autonome.

Il Ministero aveva anche avanzato la richiesta di una dotazione di 2,5 miliardi nella prossima legge di Bilancio, destinata proprio ai programmi triennali delle autorità di bacino, in parte integrata dai fondi europei per la coesione (FSC). Ma i risultati sono quelli sopra descritti: pochi o nulla.

Il ministro Pichetto aveva assicurato che il governo si sarebbe impegnato per semplificare le procedure per la realizzazione delle opere di mitigazione, così da accelerare i lavori necessari. Il problema principale è che si lavora sul bagnato e tra le macerie, su un territorio sempre più spesso bersagliato da eventi climatici estremi.

Quindi sì, questi fondi rappresentano un’azione concreta per rispondere al rischio idrogeologico, ma pongono una questione di fondo: l’assenza di un piano integrato nella Manovra 2025 fa sembrare questi interventi estemporanei e meno incisivi. E il territorio non può permetterselo.

Le richieste: serve “Piano Marshall”

La regione Emilia-Romagna aveva richiesto da tempo l’inserimento nel bilancio di un piano straordinario con stanziamenti dedicati alla messa in sicurezza, stimando un fabbisogno di 877 milioni di euro entro i prossimi tre anni. Questo stanziamento immediato sarebbe stato necessario per dare il via agli interventi di base e mitigare i rischi idrogeologici. La richiesta si inseriva nella proposta avanzata da Priolo e dal governatore veneto Luca Zaia di un vero e proprio “Piano Marshall” per la ricostruzione e la sicurezza ambientale, una proposta che raccoglie un ampio consenso.

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Lo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, recentemente in visita a Bologna, aveva invocato un “impegno straordinario” e “misure rapide” per rispondere a un’emergenza ambientale che, oltre a mettere in pericolo vite umane, rappresenta una minaccia per le economie locali.

Nonostante il richiamo, la Manovra 2025 offre risorse distribuite con una logica di lungo termine, del tutto slegata dalla necessità di un’azione immediata e concertata, che sarebbe stata possibile solo con stanziamenti nel breve periodo. La distanza temporale tra le richieste e gli stanziamenti fa emergere la sensazione di un governo che, pur riconoscendo l’importanza del tema, ne rimanda l’attuazione.

Impatto su enti locali e autonomie: il peso sui servizi essenziali

A esprimere il proprio malcontento non è solo l’Emilia-Romagna, ma anche il mondo degli enti locali, che giudicano la Manovra 2025 troppo onerosa. L’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e la Lega delle Autonomie Locali Italiane (Ali) hanno criticato duramente la legge di bilancio, giudicando la previsione di risorse “una stangata da 4 miliardi” per regioni, città metropolitane e comuni, che vedono ridursi ulteriormente la propria capacità di risposta e la possibilità di investire in sicurezza territoriale.

Mattia Palazzi, vicepresidente dell’Anci e sindaco di Mantova, ha chiesto “correttivi per recuperare i tagli che mettono a dura prova la tenuta dei servizi e degli investimenti.” Anche Roberto Gualtieri, presidente della Lega delle Autonomie Locali Italiane e sindaco di Roma, ha avvisato il governo che “non staremo certo a guardare; faremo sentire la nostra voce.” La richiesta, unanime, è che lo Stato non scarichi sui territori la responsabilità di sostenere una legge di bilancio che sembra, invece, privilegiare una politica di rigore finanziario.





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