Tre anni sono un periodo abbastanza lungo da giustificare l’inserimento di una piccola quota di mercati azionari, quantificata da Progetica nel 13%. Un portafoglio con queste coordinate può ambire a un ritorno atteso dell’1,9% l’anno, oltre l’inflazione. Durante il percorso potrebbe però verificarsi qualche caduta temporanea, non superiore all’8%, secondo i calcoli di Claudio Grossi, partner di Progetica, che ha effettuato alcune simulazioni basandosi sugli ultimi 20 anni di storia dei mercati finanziari. Come andrebbe declinata la componente azionaria? Giovanni Folgori, responsabile strategie di Euclidea, suggerisce di diversificare l’esposizione tra Stati Uniti (6,7%), Europa (3,2%), mercati Emergenti e Asia (3,1%). Italia, Germania, Cina e Giappone sono le economie più legate al settore manifatturiero. Secondo stime di Goldman Sachs, i nuovi eventuali dazi proposti da Trump potrebbero sottrarre un punto di Pil alla zona euro. I prodotti europei più vulnerabili, in questo caso, sarebbero quelli più venduti negli Stati Uniti: macchinari, farmaceutica, chimica, automobili. Lo zoccolo duro di questo portafoglio, in ogni caso, è a reddito fisso: titoli a breve termine e bond di buona qualità valgono quasi l’80% del paniere. Il segmento delle emissioni investment grade globale incorpora oggi un rendimento nominale a scadenza attorno al 4%. C’è spazio anche per una piccola esposizione a obbligazioni emergenti e ad alto rendimento: si tratta delle aree più rischiose nell’universo obbligazionario, che oggi danno accesso a ritorni a scadenza superiori al 7%. Possono dare buone gratificazioni in uno scenario di tassi calanti e crescita economica positiva.
4 novembre – 07:13
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