«Non sarei stupito da eventuali revisioni al rialzo sulle stime preliminari sul Pil 2024». Sulla spinta della piena occupazione e da un’accelerazione sulla domanda interna, Giancarlo Giorgetti scommette su una maggiore crescita e sul raggiungimento degli obiettivi fissati nel piano strutturale di bilancio. In pratica, è certo che l’Italia chiuderà l’anno in corso con un aumento dell’1 per cento del prodotto interno lordo.
Giorgetti: «Taglio fondi a e-car prodotte in Cina o altri paesi non a chi fa impresa»
Target divenuto più ambizioso dopo il ricalcolo dell’Istat sulla crescita acquisita nel primo semestre dell’anno (da +0,6 a +0,4 per cento). Per la cronaca, due giorni fa, la Banca d’Italia e l’Istat avevano sottolineato che visto lo scenario internazionale «l’attività economica avrebbe faticato a recuperare slancio nello scorcio di quest’anno». Giorgetti, indirettamente, replica: «I modelli di previsione interni lasciano ritenere che, nel trimestre finale dell’anno, il Pil dovrebbe tornare in espansione, grazie al recupero della domanda estera netta e al prosieguo della ripresa dei consumi».
LO SCENARIO
Ieri alla Camera, e davanti alle commissioni. Bilancio e Finanze, il ministro dell’Economia ha difeso la sua manovra da 30 miliardi: «Sì, è finanziata con tagli, ma ha messo a disposizione risorse alle famiglie con redditi medio bassi». La riduzione strutturale dell’Irpef e quella del cuneo fiscale «determinano un effetto complessivo pari a circa 18 miliardi annui. Con benefici per 3 milioni di nuovi contribuenti. Mi sorprende che la manovra venga contestata dai sindacati che dovrebbero difendere i lavoratori dipendenti». Soprattutto ha voluto fissare paletti per il passaggio parlamentare della legge di bilancio: entro lunedì prossimo sono attesi gli emendamenti e il titolare di via XX Settembre ha indicato alla sua maggioranza che cosa – «a parità di risorse» – si potrà cambiare. Al riguardo non ci saranno sconti sui 4,6 miliardi di euro cancellati dal fondo automotive da qui al 2030. Già dal prossimo si dovrà dire addio agli ecobonus per le rottamazioni. «Noi però – ribatte – non tagliamo i fondi alle imprese che vogliono riconvertirsi, tagliamo i fondi per gli incentivi all’acquisto di auto elettriche prodotte in Cina o altri Paesi». Con la stessa forza, sottolinea: «La spesa per la sanità sale più del limite fissato nel Psb».
Con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca e le ipotesi di disimpegno americano dai principali teatri di guerra come l’Ucraina, Giorgetti respinge l’aumento della spesa per la difesa al 2 per cento del Pil «richiesto dalla Nato», troppo ambizioso e «non del tutto compatibile sotto il profilo in particolare delle coperture con il quadro vigente della governance europea». Fino a quando Bruxelles non permetterà di decurtare questi impegni dal deficit, l’Italia impegnerà «l’1,57 per cento del Pil nel 2025, dell’1,58 nel 2026 e dell’1,61 nel 2027».
Immutati i fondi per gli enti locali per le pensioni, nessun intervento sulla webtax per non creare tensioni con gli Stati Uniti. Giorgetti, però, apre a emendamenti sul turnover al 75 per cento nel pubblico impiego». Il ministro ammette che «in alcuni settori il blocco è meno giustificato» e cita il comparto sicurezza. Invece vuole applicare la regola del “quattro vanno in pensione e se ne assumono tre” dove «l’evoluzione tecnologica può permettere di ridurre i fabbisogni» di personale. Arriveranno ritocchi anche alle aliquote per le detrazioni alle ristrutturazioni, al 50 per cento per le prime casa e al 36 per le seconde. «Ma la distinzione tra prima e seconda casa è un principio inderogabile». Inderogabile anche il principio che ha spinto il governo a nominare revisori di conti nelle società che prendono fondi pubblici. «Chi riceve il contributo – ha ricordato Giorgetti – deve rendicontarlo e avere un comportamento parsimonioso». Detto questo, e salva la ratio, il Mef accetterà riscritture della norma contestata anche dagli alleati. Si va verso il superamento della tassazione al 42 per cento sulle plusvalenze da criptovalute». L’aliquota sui bitcoin scenderà in base alla «permanenza in portafoglio dell’investimento», alla durata, per evitare speculazioni. Giorgetti non esclude più risorse per il credito di imposta per gli investimenti nell’area Zes.
IL CONCORDATO
Fin qui le aperture a possibili emendamenti alla manovra. Per il resto il ministro conferma che le risorse del concordato biennale andranno al taglio dell’Irpef – senza però specificare cifre – e annuncia che dalla lotta all’evasione arriveranno 1,4 miliardi. Ci tiene a sottolineare la ratio del rigore che contraddistingue la legge di bilancio. «Il crescente e robusto interesse degli investitori per i nostri titoli di Stato, la significativa riduzione dello spread e le positive valutazioni delle agenzie di rating testimoniano l’importanza della stabilità politica e della prudenza nella politica di bilancio che il governo ha saputo assicurare nei primi due anni di mandato». Cioè recuperare risorse pagando minori interessi. In questa direzione, Giorgetti ammette «di invidiare» Christian Lindner, il suo ex omologo tedesco. «Sogno di avere il debito al 60 per cento come lui, perché avrei da pagare 45 miliardi di interessi in meno e li potrei dare alla scuola, ai pensionati, alla sanità».
Critiche dalle opposizioni. Maria Cecilia Guerra teme che con i tagli all’automotive «non ci sarà sostegno all’innovazione tecnologica e a difesa dell’occupazione». Luigi Marattin, deputato del Gruppo Misto e Presidente di Orizzonti Liberali, si dice pronto a votare la manovra, ma soltanto se Giorgetti «abolirà l’estensione della digital tax alle Pmi, l’incremento di tassazione sulle criptovalute, l’aumento del canone Rai, la norma folle sui revisori Mef nelle aziende private e si ripristinerà il fondo automotive e i fondi del correttivo al fondo di solidarietà comunale non saranno destinati a ripristinare la spesa storica».
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