In aumento i problemi provocati dalla selvaggina: nel 2023 hanno causato danni per 255 mila euro. Il tema delle devastazioni dei cinghiali: sono 9 mila in provincia. Da inizio anno, 22 avvisamenti di lupi
Gli occhi del cervo che fissano i fari dell’auto in avvicinamento non sono più solo una metafora di stupefazione, ma sono ormai un grosso problema con cui si scontra a tutta velocità un numero di automobilisti sempre più grande. Il numero di incidenti stradali causati dai grossi ungulati è in continua crescita: l’ultimo si è verificato a Casnigo venerdì sera (8 novembre). E si aggiunge ai danni causati dai lupi e soprattutto dai cinghiali, per i quali è partito un piano che punta alla loro eliminazione totale.
I danni della fauna selvatica
Non è un caso che la prefettura abbia creato un tavolo tecnico con aggiornamenti periodici sui problemi causati dalla fauna selvatica. Da gennaio alla polizia provinciale sono stati segnalati 120 incidenti stradali causati da fauna selvatica e si stima che si arriverà almeno a 150 per fine anno. Per quanto riguarda l’agricoltura, a Coldiretti Bergamo da gennaio sono arrivate 137 richieste di risarcimento per danni da fauna selvatica, suddivise tra quelli arrivati agli uffici di Sarnico (56, di cui 4 per cervi e tutti gli altri per i cinghiali), di Clusone (61, di cui 7 da lupo, 1 da orso, 10 da cervi e mufloni e gli altri da cinghiali) e di Zogno (30, di cui 4 da lupo e 26 da cinghiali). Ma considerando i casi che non vengono segnalati, potrebbero essere del 15% più numerosi.
Il solo lupo è stato da gennaio al centro di 20 casi di predazione su animali domestici che hanno visto l’uccisione di 56 tra pecore e capre, 3 asini, 2 vitelli e un puledro. Ci sono poi 10 animali che sono stati feriti e altri 19 mai più ritrovati (in più sono stati segnalati i resti di altre quattro predazioni ai danni di fauna selvatica). Lo scorso anno in Regione sono arrivate dalla Bergamasca perizie con richieste di risarcimento per 255.902 euro, quasi tutte (250.126) dagli agricoltori, e ne sono state liquidate per 207.993 (203.351 agli agricoltori). Quest’anno siamo a 188.425 euro di perizie per gli agricoltori e 2.103 da altri, soprattutto per le automobili, per i cui risarcimenti c’è un massimale di 7 mila euro.
I cervi
«Un conto è scontrarsi con un capriolo di 25 chili, un altro schiantarsi contro un cervo da 150-200: sono proprio questi ultimi i casi che stanno crescendo sempre di più, anzi ormai rappresentano la quasi totalità — fa notare Matteo Copia, comandante della polizia provinciale, che con le difficoltà causate da un personale sempre più ridotto, anziano o con contratti in scadenza, rileva questi tipi di incidenti —. Gli schianti sono raddoppiati in dieci anni, per fortuna finora non ci sono stati feriti gravi anche se in molti casi le auto sono state portate via col carro attrezzi». La popolazione dei cervi è decuplicata in dieci anni in Bergamasca ma anche su tutto l’arco alpino, ed è per questo che sono stati messi a punto dei programmi di abbattimento. I cervi censiti sono 3.547, di cui 1.025 al centro del piano di prelievo per quest’anno. Sono sparsi fra i comprensori alpini Val Brembana (1.001), Val Seriana (782), Val Borlezza (5.039), Val di Scalve (139 capi) e Prealpi (1.122 capi). I camosci sono 4.758 con un piano di prelievo di 542, i caprioli 2.359 e ne devono essere abbattuti 305, i mufloni 434 con un piano di prelievo di 121 capi. Ci sono anche 1.400 stambecchi, specie protetta e quindi non cacciata.
Il cervo è diffidente e crepuscolare, il che significa che sta lontano dal rumore ed esce a mangiare di sera. Il problema quindi si verifica con buio lungo strade che diventano meno trafficate e sono circondate non da boschi ma da prati. Gli incidenti più frequenti sono tra Endine e Sovere, in Val Borlezza tra Clusone e Sovere, in Val Seriana fra Ponte Nossa e Valbondione e in Val Brembana fra Camerata Cornello e Lenna. Chi utilizza abitualmente la strada fra Ranzanico e Bianzano la percorre sempre a passo d’uomo proprio per l’alto numero di incidenti grossi e piccoli causati dai cervi. L’animale ucciso dall’auto viene smaltito, quello ferito portato a centri di lavorazione della selvaggina e, previa consultazione con un veterinario, macellato e la carne messa in vendita.
I cinghiali
Da quando qualche cacciatore pensò che fosse una buona idea diffondere i primi cinghiali per poi divertirsi a cacciarli, quarant’anni fa, i suini si sono diffusi in tutta la fascia collinare: si stima che oggi siano circa novemila. Ma non per molto. La Regione ha deciso un piano di prelievo straordinario che ha come obiettivo dichiarato il «depopolamento totale dei cinghiali». Non solo per i danni pesantissimi che causano all’agricoltura, ma anche perché sono i principali vettori della peste suina africana, malattia che potrebbe provocare una catastrofe in un settore importante di tutto il nord Italia. La stessa polizia provinciale definisce «un’utopia» l’eradicazione del cinghiale ma ci si prova, con un’attività notte e giorno nell’arco dei 365 giorni da parte di 300 cacciatori, di operatori faunistici qualificati che intervengono dove i cacciatori non possono, degli stessi agenti e anche dei proprietari dei terreni che hanno licenza di caccia e che sono autorizzati a sparare. Lo scorso anno sono stati abbattuti 2.935 cinghiali, quest’anno si punta a superare i 3.500: ne sono stati uccisi 1.900 in selezione, 180 in caccia collettiva (appena cominciata, si punta a 1.500) e 187 in controllo. «Lo sforzo è grandissimo e darà risultati nel medio periodo ma si vedono già i primi effetti», spiega Copia. La diffusione di cervi e cinghiali è stata favorita dal fatto che gli animali non avevano predatori naturali. Finora.
Il lupo
Dai 22 avvistamenti di lupi avvenuti da inizio anno si è capito che c’è un branco in alta valle Seriana (è stato chiamato «Gandellino») e uno tra Val Serina e Val Brembana (con predazioni segnalate nelle zone di Arera, Valcanale e laghi Gemelli) e altri 4 esemplari che sono stati visti a Vedeseta. Ma si sospetta che ce ne siano anche altri: la polizia provinciale parla infatti di «capi in dispersione su tutto il territorio provinciale». «Le segnalazioni sono sempre di più — conferma Copia —. I danni agli allevatori sono aumentati ma è una questione fisiologica, visto la crescita della popolazione. Si deve capire che il lupo sulle nostre montagne non è una parentesi ma che ormai bisogna abituarsi alla sua presenza».
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