L’ecobonus 2025 potrebbe tornare alle medesime percentuali del 2024. La proposta arriva arriva direttamente da Forza Italia, e nel giro di poco tempo questa soluzione potrebbe essere ben presto proposta – e si spera integrata – in Bilancio.
Ad oggi l’Ecobonus ha una scadenza: il 31 dicembre 2024. Ma con un cambio di rotta, la deputata di Forza Italia, Erica Mazzetti, potrebbe riuscire a mantenere l’incentivo al 65% anziché la riduzione iniziale (e sempre attuale) al 50%.
Ecobonus 2025: rimarrà davvero al 65%?
La deputata Erica Mazzetti di FI vorrebbe lasciare l’ecobonus 2025 al 65%. La Manovra di Bilancio di oggi prevede una riduzione al 50%, provocando un “disincentivo” nei confronti di chi vorrebbe il prossimo anno sfruttare tale incentivo economico.
Tuttavia c’è una considerazione molto importante da dover fare: il 50% verrebbe applicato soltanto per gli interventi svolti nelle prime abitazioni, mentre sulle seconde case l’incentivo verrebbe ridotto ulteriormente al al 36%.
L’idea è quella di poter fornire a tutti la possibilità di godere dell’Ecobonus pur svolgendo interventi mirati al miglioramento dell’efficienza energetica.
Nonostante l’intento di non voler ridurre l’Ecobonus nel 2025, l’emendamento propone una soluzione che possa coniugare le tecnologie di tutti i produttori, che a gran voce hanno avanzato delle critiche.
Le polemiche dei produttori
Di fatto la direttiva delle case green impone il divieto di applicare i benefit fiscali alle caldaie che funzionano tramite i combustibili fossili. I produttori delle pompe di calore chiedono di promuovere le loro tecnologie, poi c’è chi produce gas che invece punta a mantenere i benefit sulle caldaie.
Motivo per cui l’emendamento sulla prima casa mira a non fare distinzioni di tecnologie, cercando per quanto possibile di poter di far accedere all’Ecobonus i produttori di qualunque impianto (premiando sia chi ha impianti a pompe di calore e chi le caldaie).
Resta soltanto da comprendere a che percentuale si potrà applicare l’Ecobonus 2025, che ricordiamo Forza Italia spinge a lasciarlo al 65% e non al 50%.
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