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Pizzo sui gadget del Napoli: condannato il boss – #finsubito prestito personale immediato – Richiedi informazioni


Racket sulla vendita dei gadget dello scudetto. Il pizzo del boss sull’affare dell’anno, quello legato alla cavalcata tricolore del Napoli. È questo lo scenario che ha spinto il giudice per le udienze preliminari Visco a condannare i presunti esponenti di vertice della camorra di Fuorigrotta. In sintesi, sono stati condannati a sei anni e dieci mesi Vitale Troncone, ritenuto responsabile di due estorsioni aggravate dal metodo mafioso nei confronti di un contrabbandiere che gestiva una parte della vendita al minuto.

Inchiesta condotta dal pm Salvatore Prisco, scattano condanne anche per altri due imputati, entrambi imparentati al boss di Fuorigrotta: quattro anni e sei mesi per Giuseppe Troncone, figlio del boss; sei anni per Luigi Troncone, cognato del primo imputato.

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Il retroscena 

Una brutta storia, che era stata denunciata due anni fa, anche sulle colonne di questo giornale. In sintesi, nei mesi della cavalcata trionfale del Napoli di Spalletti verso il traguardo del terzo scudetto, lievitarono gli affari legati alla vendita di magliette, sciarpe e bandiere azzurre. Tutto il settore dei gadget del calcio Napoli esplose di fronte a una richiesta sempre più alta da parte dei tifosi azzurri. Parliamo in questo caso di gadget falsi, del mercato alimentato da copie e imitazioni riprodotte su scala industriale e vendute in ogni angolo della strada.
 

Un mercato, quello dei falsi gadget, che sarebbe finito sotto il controllo della camorra. In particolare, le indagini hanno riguardato quanto sarebbe avvenuto nei rapporti tra i vertici del clan Troncone e un contrabbandiere che operava all’esterno del Maradona. Una questione di forniture, sembra di capire. Chi vendeva sigarette o gadget falsi del Napoli doveva approvvigionarsi dai boss della zona.

Uno scenario che ora attende il deposito delle motivazioni e un probabile ricorso in appello da parte della difesa. Assistiti dai penalisti Antonio Abet e Andrea Lucchetta, gli imputati hanno respinto le accuse e si dicono pronti a dimostrare la propria estraneità rispetto all’ipotesi estorsiva.

Resta uno scenario sul quale hanno a lungo indagato i pm della Dda di Napoli. Per anni, la zona di Napoli ovest è stata teatro di scontro tra clan di camorra. Sono ancora le indagini della Procura di Napoli, sotto la guida del procuratore Nicola Gratteri, a definire il perimetro dello scontro: da un lato quelli del clan di Massimiliano Esposito (irreperibile, è inseguito da una misura cautelare firmata dal gip Iaselli), dall’altro il gruppo che fa capo ai Troncone. Una faida a tutti gli effetti, che ha provocato omicidi, stese, agguati. E terrore tra le persone estranee alle cosche, in un quartiere sta vivendo un periodo di rinascita economica.

Il pressing

Fuorigrotta fa gola a tutti. E lo dimostrano gli interessi legati alla possibilità di imporre le proprie forniture per la vendita di sciarpe, bandiere e magliette del Napoli. Affari che crescono in modo esponenziale in relazione alle perfomance calcistiche della squadra azzurra. Due anni fa il boom degli affari, un anno fa l’incubo del decimo posto, quest’anno la passione è tornata ad infiammare il cuore dei supporter partenopei. E crescono anche gli affari. Problemi di forniture, si legge nelle carte della Dda: chi vuole vendere i gadget falsi deve approvvigionarsi dai boss, quanto basta ad alimentare un clima di tensione permanente all’ombra del Maradona.

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