Roma, 7 novembre – Ma chi ha ragione, le legioni di autorevolissimi esperti che producono diagnosi variamente infauste sulle condizioni pre-comatose del Ssn e accusano il Governo di non fare abbastanza per la sanità pubblica, o il Governo stesso che, a partire dalla premier…….. non perde occasione per ringhiare che mai nessuno ha messo tanti soldi nella sanità pubblica come quello attualmente in carica?
A fare chiarezza, possono certamente aiutare le dichiarazioni rese dall’Ufficio parlamentare di Bilancio (UpB) nel corso dell’audizione resa lo scorso 5 novembre davanti alle Commissioni parlamentari competenti sui contenuti della manovra di bilancio 2025. Manovra che prevede, è vero, un rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale per importi crescenti – da 1,3 miliardi del 2025 a 8,9 dal 2030, comprensivi delle risorse per i rinnovi contrattuali – ma si scontra con un problema irrisolto e che nemmeno si prova a risolvere:il tasso di crescita del finanziamento resta sempre inferiore a quello del Pil nominale programmatico.
Traducendo, la sanità continua a essere gravemente sotto-finanziata – con buona pace di chi sostiene il contrario – e sic stantibus rebus non potrà che continuare ad avvitarsi sempre di più nella sua drammatica crisi, anche perché – sostiene l’UpB – “eventuali modifiche per aumentare gli stanziamenti (come sarebbe assolutamente necessario, NdR) richiederebbero riduzioni di altre voci di spesa o interventi discrezionali di aumento delle entrate”. E figurarsi se quello attuale è un Governo che può pensare anche solo di striscio a “interventi discrezionali di aumento delle entrate”, che poi altro non significa che un qualche aumento di imposte.
La speranza è che queste considerazioni – che non arrivano da un circolo bolscevico o un magistrato comunista in libera uscita, ma da una civil servant, la presidente dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (UpB) Lilia Cavallari (nella foto), professore ordinario di Economia politica all’Università Roma Tre e titolare di un prestigiosissimo curriculum – possano portare a stabilire condizioni e terreni di confronto meno avvelenati, meno ideologici e più proiettati verso l’individuazione di soluzioni praticabili per impedire che il Ssn sprofondi nell’abisso. Sarà difficile, lo sappiamo, ma con l’ottimismo della volontà vogliamo credere che ragionare serenamente, e a bocce ferme, su quanto relazionato dall’UpB sia non solo possibile, ma indispensabile, a partire dalla corretta valutazione delle risorse di cui dispone il Fsn. “In termini di incidenza sul Pil la spesa sanitaria tornerebbe nel 2026 al 6,4 per cento, livello pre pandemia” ha detto la presidente dell’UpB. “Considerando che la stessa spesa è prevista crescere a un tasso superiore a quello del finanziamento del Ssn, vi è il rischio di un significativo aumento del disavanzo dei servizi sanitari regionali, anche oltre il 2027” ha voluto sottolineare, rimarcando anche che “malgrado la principale criticità del Ssn risieda attualmente nella carenza di personale, non sono finanziate nuove assunzioni. Vengono disposti il finanziamento delle prossime tornate contrattuali e l’incremento di una serie di indennità”.
Però nel testo della manovra sono presenti misure favore di alcuni soggetti privati che operano nella sanità e nel campo della farmaceutica e – sottolinea l’UpB nella sua relazione – si interviene sul riparto del finanziamento tra le Regioni, plausibilmente favorendo quelle con Servizi sanitari regionali più forti.
Il testo dell’audizione sostenuta in Parlamento dall’UpB, per chi voglia prenderne visione, è disponibile qui. Si tratta di una lettura davvero istruttiva per capire, nel gioco a chi la spara più grossa che ormai appassiona solo le frange ultras degli opposti schieramenti politici, dove risieda la verità. Che peraltro era ben nota anche prima della puntuale, chiara e precisa relazione dell’Upb, che qui evitiamo di commentare e chiosare: non ce n’è davvero bisogno.
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