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condannato a quattro anni La Nuova Sardegna #finsubito richiedi mutuo fino 100%


Arzachena Il noleggio di un escavatore si è rivelato un incubo per un imprenditore che opera nel settore del movimento terra, il quale si è ritrovato a pagare rate gravate da tassi ben oltre soglia che, in un caso (come riporta il capo d’imputazione), hanno raggiunto il 300 per cento, e che ha visto pure pignorata la sua abitazione, finita all’asta. Con l’accusa di usura, il collegio dei giudici presieduto da Caterina Interlandi, ha condannato a quattro anni di reclusione Antonio Luigi Cavaliere, residente a Milano, rappresentante pro tempore della società Smia Sardinia srl, con cui l’imprenditore di Arzachena aveva stipulato un contratto iniziale che, secondo l’accusa, si configurava come contratto di leasing con riscatto dell’escavatore – valore 86mila euro per la durata di 33 mesi –, e successivamente una scrittura privata di transazione per il rientro del debito di oltre 80mila euro.

I fatti risalgono al 2017. Dopo aver pagato due maxi rate da oltre 4mila euro ciascuna, l’imprenditore aveva avuto difficoltà a pagare la terza, anche perché, come emerso in aula, l’escavatore aveva dei problemi e lui aveva avuto la disponibilità del mezzo solo per quattro mesi, perdendo, dunque, diversi lavori. Nei confronti dell’imprenditore, l’intermediatore aveva fatto un atto di precetto e con decreto ingiuntivo gli era stata pignorata la casa. Successivamente avevano fatto una scrittura privata per il rientro del debito che, il perito della Procura di Tempio, ha configurato come una finanziaria. Disperato e oppresso per la situazione, l’imprenditore, a quel punto, nel 2019, ha presentato denuncia. Sfociata nel processo che si appena concluso, dopo che l’imputato era stato rinviato a giudizio con l’accusa di usura.

L’imprenditore si è costituito parte civile con gli avvocati Giancarlo Petrini e Daniela Peru, mentre Antonio Luigi Cavaliere è difeso dall’avvocato Fabio Serra del foro di Cagliari. I legali di parte civile hanno sollecitato la condanna dell’imputato rimarcando come fossero stati applicati tassi usurari e come l’imprenditore avesse già pagato quasi 80mila euro e ne pretendessero altri 73mila. Il pubblico ministero Alessandro Bosco ha invece chiesto l’assoluzione ritenendola una questione civilistica e non essendoci certezza sul fatto che quelli stipulati fossero, il primo, un contratto di leasing, e il secondo, una finanziaria, cosa che faceva cadere il capo d’imputazione, e quindi l’accusa di usura.

Di parere diverso il collegio dei giudici. Che ha condannato l’imputato a quattro anni di reclusione, all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, al risarcimento del danno alla parte civile e alla confisca del profitto del reato per oltre 66mila euro. Le motivazioni si conosceranno tra 90 giorni. Nel frattempo, i difensori di parte civile col decreto di rinvio a giudizio dell’imputato, hanno attivato presso la Prefettura la procedura per le vittime di usura, e la vendita all’asta della casa è stata bloccata per due anni. (t.s.)



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