REGGIO EMILIA – Nel Reggiano ci sono 52 aziende in più a rischio usura. A dirlo lo studio elaborato dalla Cgia di Mestre, che ha analizzato il numero di imprese, non finanziarie, in sofferenza nelle diverse province italiane.
L’amara novità è che dopo anni di costante calo, il trend si è invertito e così al 30 giugno 2024 le aziende scivolate nell’area dell’insolvenza e segnalate alla centrale dei rischi della Banca d’Italia, sono tornate ad aumentare. Sono 1.034 in totale nel Reggiano, il 5,3% in più, dato che colloca la nostra provincia al 27° posto in Italia.
Si tratta, prevalentemente, di artigiani, esercenti, commercianti e piccoli imprenditori cui la schedatura di BankItalia preclude l’accesso a nuovi prestiti e aumenta di conseguenza il rischio, per chi non vuole arrendersi e chiudere, di finire in mano agli strozzini. Un fenomeno molto diffuso nel Sud del nostro Paese, ma nell’ultimo anno la situazione è fortemente peggiorata anche a Savona, oltre a Benevento, Chieti, Rieti e Lecce. In totale, le aziende a rischio usura in Italia sono adesso quasi 118mila, 2.617 in più in sei mesi, con una crescita a livello nazionale del 2,3%.
Il paradosso è che molti imprenditori finisco per essere insolventi e inseriti nella lista nera della Banca d’Italia a causa del mancato o ritardato pagamento da parte dei committenti o per essere stati coinvolti nel fallimento degli stessi. Da qui la richiesta della Cgia di Mestre di aumentare le risorse a disposizione del fondo di prevenzione dell’usura.
Liquidità alle imprese che sconta anche la pesante stretta creditizia in corso. Basti dire nel 2011 i prestiti erogati avevano superato i mille miliardi, a settembre 2024 eravamo a 667, un terzo in meno. Si parla di 350 miliardi di prestiti bancari scomparsi, che rischiano di spingere gli imprenditori in difficoltà verso la criminalità che, grazie proprio a droga, usura e pizzo, non ha mai carenza di denari e liquidità.
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