1. La questione: violazione degli artt. 56 e 628 cod. pen. (oltre ogni ragionevole dubbio)
La Corte di Appello di Roma, in parziale riforma di una sentenza emessa dal Tribunale della medesima città, condannava gli imputati alla pena di anni 1, mesi 8 di reclusione ed euro 400,00 di multa in relazione al reato di tentata rapina aggravata, previa declaratoria della sopravvenuta prescrizione del reato di lesioni.
Ciò posto, avverso questa decisione ambedue gli accusati ricorrevano per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costoro deduceva violazione degli artt. 56 e 628 cod. pen., sotto molteplici aspetti, che andavano dalla insussistenza degli elementi costitutivi del reato di tentata rapina (primo motivo di uno dei ricorsi proposti), alla mancata riqualificazione del fatto nel reato di violenza privata (secondo motivo e terzo motivo di uno dei ricorsi proposti), per poi finire al vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di rapina (primo motivo dell’altro ricorso proposto). Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri
2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il Supremo Consesso riteneva i motivi suesposti fondati.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo cui il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio enuncia un metodo legale di accertamento del fatto di tipo dialettico che obbliga il giudice a sottoporre la tesi accusatoria alle confutazioni costituite dalle ricostruzioni antagoniste prospettate dalle difese, sicché la violazione di tali parametri rende la motivazione della sentenza apparente e manifestamente illogica (Sez. 6, n. 10093 del 05/12/2018; Sez. 6, n. 45506 del 27/04/2023; Sez. 2, n. 18404 del 05/04/2024).
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3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito cosa obbliga a fare il giudice il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio richiede che il giudice valuti la tesi accusatoria confrontandola con le argomentazioni della difesa dato che la mancata osservanza di questo metodo rende la motivazione della sentenza apparente e manifestamente illogica.
Tale provvedimento, dunque, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se tale criterio valutativo, come è noto previsto dall’art. 533 cod. proc. pen., sia stato correttamente osservato.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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